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| On 2 anni ago

Marte potrebbe aver ospitato microbi metanogeni nel suo periodo Noachiano

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Se la vita sia mai esistita su Marte, resta ancora un mistero. Una nuova ricerca, guidata da Boris Sauterey e Regis Ferrière, non dimostra infatti che la vita su Marte sia esistita ma, che se così fosse,  il sottosuolo del Pianeta Rosso sarebbe stato abitato da microbi metanogeni, nel periodo Noachiano.

Secco, estremamente freddo e con un’atmosfera tenue, è molto improbabile che Marte oggi possa ancora sostenere qualsiasi forma di vita in superficie. In passato però, tra 4.1 e 3.7 miliardi di anni fa, potrebbe essere stato molto più ospitale. In quell’era, Marte stava attraversando il cosiddetto periodo Noachiano, caratterizzato da numerosi bombardamenti meteoritici e dalla probabile presenza di acqua sulla superficie.

Si pensa che allora il Pianeta Rosso fosse più freddo della Terra, ma più caldo del Marte odierno, con temperature medie più alte del punto di congelamento dell’acqua. La maggior parte degli esperti di Marte concorda sul fatto che il pianeta avesse un’atmosfera molto più densa di quella attuale e ricca di anidride carbonica e idrogeno. Essa avrebbe probabilmente creato un clima temperato, consentito all’acqua di fluire e, forse, alla vita microbica di prosperare. Dice Ferrière:

“Mentre l’attuale Marte è stato descritto come un cubetto di ghiaccio ricoperto di polvere, immaginiamo il Marte primordiale come un pianeta roccioso con una crosta porosa, imbevuto di acqua liquida che probabilmente formava laghi e fiumi, e forse, anche mari o oceani”.

Da studi spettroscopici di rocce esposte sulla superficie marziana è poi emerso che quell’acqua sarebbe stata estremamente salata.  Mentre il suolo sarebbe stato costituito da regolite porosa, che avrebbe creato uno spazio fisico protetto dalle radiazioni ultraviolette e cosmiche. Tali condizioni di suolo, acqua e atmosfera, avrebbero consentito una temperatura sotterranea ideale alla proliferazione di semplici organismi microbici metanogeni.

I microbi metanogeni

È noto che tali microbi sopravvivono convertendo idrogeno molecolare e anidride carbonica in energia e carbonio, rilasciando metano come prodotto di scarto. Essi esistono anche sulla Terra e vivono in habitat estremi, come le prese d’aria idrotermali lungo le fessure del fondo oceanico. Lì, si adattano alla schiacciante pressione dell’acqua, alle temperature prossime allo zero e all’oscurità totale.

Sulla Terra infatti, questi luoghi sono tra i rarissimi in cui l’idrogeno compare isolato e non legato all’acqua. La situazione era ben diversa sul Marte del periodo Noachiano, la cui atmosfera presentava un’alta concentrazione di idrogeno e anidride carbonica, entrambi forti gas serra che intrappolano il calore nell’atmosfera.

L’habitat più adatto alla presenza dei metanogeni

Il team di ricerca ha testato uno scenario ipotetico di un ecosistema marziano emergente utilizzando modelli all’avanguardia della crosta, dell’atmosfera e del clima di Marte. A questo modello ne hanno abbinato uno ecologico di una comunità di microbi simili a quelli terrestri, che metabolizzano anidride carbonica e idrogeno. Lo scopo era di creare un modello della crosta marziana con il suo mix di roccia e acqua salata, lasciare che i gas dell’atmosfera si diffondessero nel terreno e vedere se i metanogeni potessero conviverci.

Visto il risultato positivo, i ricercatori hanno poi deciso di rispondere a una domanda intrigante: se la vita prosperava sottoterra, quanto in profondità si sarebbe dovuto andare per trovarla? Sul Marte primordiale, le temperature erano comunque molto basse, quindi i microbi avrebbero dovuto andare più in profondità nella crosta per trovare temperature abitabili. Ma al di sotto di quale profondità l’atmosfera marziana avrebbe fornito l’energia chimica di cui gli organismi avrebbero avuto bisogno per prosperare, in questo caso idrogeno e anidride carbonica?

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La domanda è quanto in profondità deve andare la biologia per trovare il giusto compromesso tra temperatura e disponibilità di molecole dall’atmosfera di cui avevano bisogno per crescere? Ci risponde Sauterey: “Abbiamo scoperto che le comunità microbiche nei nostri modelli sarebbero state più felici nelle poche centinaia di metri.”

Selfie di Curiosity sul Mont Mercou. Credits: NASA

Come i metanogeni possono influenzare l’habitat in cui vivono

Il team di ricerca non si è solo imposto di valutare se i microbi sarebbero stati in grado di sopravvivere su Marte. Con uno studio successivo ha anche analizzato come la presenza dei microbi abbia influenzato il pianeta nel tempo.

Gli studiosi sono stati in grado di prevedere il feedback climatico del cambiamento nella composizione atmosferica causato dall’attività biologica di questi microbi. In altre parole, lo studio ha rivelato come la presenza di vita microbica possa influenzare in maniera catastrofica le sue stesse sorti e quelle di un intero pianeta.

Ciò che è emerso è che mentre l’antica vita marziana potrebbe aver inizialmente prosperato, il suo feedback chimico nell’atmosfera avrebbe dato il via a un raffreddamento globale del pianeta.  Ponendo fine a potenziali condizioni di caldo precoci, l’abitabilità della superficie  sarebbe stata compromessa. Di conseguenza, la biosfera sarebbe stata costretta nelle profondità della crosta marziana, dove forse si sarebbe estinta. Suterey ha dichiarato:

Secondo i nostri risultati, l’atmosfera di Marte sarebbe stata completamente cambiata dall’attività biologica molto rapidamente, nel giro di poche decine o centinaia di migliaia di anni. Rimuovendo l’idrogeno dall’atmosfera, i microbi avrebbero drasticamente raffreddato il clima del pianeta.

Le proiezioni spaziali future dello studio

Le proiezioni spaziali delle nostre previsioni indicano i siti di pianura a latitudini medio-basse come buoni candidati per scoprire tracce di questa vita in anticipo sulla superficie o in prossimità di essa. In merito, le future missioni di esplorazione di Marte potrebbero fornire risposte. Tuttavia le grandi sfide sono sempre dietro l’angolo.

Ad esempio, gli studiosi hanno identificato Hellas Planitia come un sito particolarmente promettente per cercare prove di vita passata. Si tratta di un’ampia pianura scavata dall’impatto di una grande cometa o asteroide, avvenuto molto presto nella storia di Marte. Le difficoltà sorgono poiché la topografia del luogo genera alcuni delle tempeste di polvere più violente di Marte. Esse potrebbero rendere l’area troppo rischiosa per essere esplorata da un rover autonomo. Tuttavia, una volta che gli umani inizieranno a esplorare Marte, tali siti potrebbero rientrare nella rosa dei candidati per future missioni sul pianeta, ha detto Sauterey.

Per ora comunque, le ricerche si concentrano sul Marte moderno. Il rover Curiosity della NASA e il satellite Mars Express dell’ESA hanno rilevato livelli elevati di metano nell’atmosfera. Essi possono derivare da processi diversi dall’attività microbica e consentono l’interessante possibilità che forme di vita come i metanogeni possano essere sopravvissute in sacche isolate su Marte, nel sottosuolo profondo: oasi di vita aliena in un mondo altrimenti ostile.

L’articolo di quest’altra ricerca è stato pubblicato su Nature Astronomy ed è disponibile qui.

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