Il James Webb ha catturato le prime immagini e i primi spettri di Marte. Essi forniscono una prospettiva a infrarossi unica sul Pianeta Rosso, integrando i dati raccolti da orbiter, rover e altri telescopi.
Le prime immagini sono state acquisite dalla Near Infrared Camera (NIRCam) e mostrano una regione dell’emisfero orientale del pianeta a due diverse lunghezze d’onda dell’infrarosso. Il primo dato spettrale nel vicino infrarosso di Marte, invece, l’ha acquisito il Near InfraRed Spectrometer (NIRSpec). Queste osservazioni sono state condotte nell’ambito del programma GTO (Guaranteed Time Observation) del ciclo 1 di Webb sul Sistema Solare, guidato da Heidi Hammel di AURA.
Come il Webb ha osservato Marte?
La postazione di osservazione esclusiva di Webb, nel punto lagrangiano L2 del sistema Terra-Sole, offre una vista sulla stessa porzione superficie di Marte osservabile da Terra. Di conseguenza, Webb può catturare immagini e spettri con la risoluzione necessaria per studiare fenomeni a breve termine. Tra essi le tempeste di polvere, i modelli meteorologici, i cambiamenti stagionali e, in una singola osservazione, i processi che si verificano in momenti diversi (giorno, tramonto e notte) di una giornata marziana.
Data la sua vicinanza, il Pianeta Rosso è uno degli oggetti più luminosi del cielo notturno sia in termini di luce visibile, che gli occhi umani possono vedere, che di luce infrarossa, che Webb è progettato per rilevare. Gli strumenti di Webb sono così sensibili che la luce infrarossa proveniente da Marte è accecante, causando un fenomeno noto come saturazione del rivelatore. Gli astronomi quindi hanno utilizzato esposizioni molto brevi, misurando solo una parte della luce che colpisce i rivelatori e applicando speciali tecniche di analisi dei dati.
Cosa mostrano le prime immagini
L’immagine seguente mostra a sinistra una mappa di riferimento simulata della superficie della NASA e del Mars Orbiter Laser Altimeter (MOLA). A destra vediamo in alto un’immagine NIRCam dominata dalla luce solare riflessa a 2,1 micron. Essa rivela quindi dettagli della superficie simili a quelli evidenti nelle immagini a luce visibile. Sono evidenti gli anelli del cratere Huygens, la roccia vulcanica scura di Syrtis Major e la luminosità del bacino di Hellas.
In basso invece è riportata un’immagine NIRCam a lunghezza d’onda maggiore, circa 4,3 micron. Essa mostra l’emissione termica, ovvero la luce emessa dal pianeta quando perde calore. La luminosità della luce a 4,3 micron è legata alla temperatura della superficie e dell’atmosfera. La regione più luminosa del pianeta si trova dove il Sole è quasi sopra la testa, perché è generalmente più calda.
La luminosità diminuisce verso le regioni polari, che ricevono meno luce solare, e viene emessa meno luce dall’emisfero settentrionale, più freddo, che in questo periodo dell’anno sta vivendo l’inverno. Questa immagine, quindi, rivela le differenze di temperatura con la latitudine e l’ora del giorno, nonché l’oscuramento del Bacino di Hellas causato dagli effetti atmosferici. L’area gialla brillante è appena al limite di saturazione del rivelatore.
Effetti concorrenti distinguibili dai dati di Webb
La temperatura non è l’unico fattore che influenza la quantità di luce alla lunghezza d’onda di 4,3 micron che raggiunge Webb con questo filtro. Quando la luce emessa dal pianeta passa attraverso l’atmosfera di Marte, una parte viene assorbita dalle molecole di anidride carbonica (CO2). Geronimo Villanueva del Goddard Space Flight Center della NASA, che ha progettato queste osservazioni di Webb, ha spiegato:
Il bacino di Hellas si trova a un’altitudine più bassa e quindi ha una pressione atmosferica più elevata. Questa maggiore pressione porta a una soppressione dell’emissione termica in questo particolare intervallo di lunghezze d’onda (4,1-4,4 micron) a causa di un effetto chiamato allargamento della pressione.
Quindi il Bacino di Hellas, la più grande struttura d’impatto ben conservata su Marte, con un’estensione di oltre 2.000 chilometri, appare più scuro dell’ambiente circostante a causa dell’allargamento della pressione, non dell’emissione termica. I dati di Webb potranno permettere di comprendere i diversi segnali che conducono a distinguere fenomeni ed effetti differenti.
Il primo spettro nell’infrarosso di Marte
Il team di ricercatori che ha ricostruito le prime immagini del Pianeta Rosso da parte del Webb ha anche pubblicato il primo spettro di Marte nel vicino infrarosso. Questo dimostra ancora una volta la capacità di Webb di studiare il nostro più prossimo vicino con la tecnica astronomica della spettroscopia.
Mentre le immagini mostrano le differenze di luminosità integrate su un gran numero di lunghezze d’onda da un luogo all’altro del pianeta in un particolare giorno e ora, lo spettro mostra le sottili variazioni di luminosità tra centinaia di diverse lunghezze d’onda rappresentative del pianeta nel suo complesso.
Gli astronomi analizzeranno le caratteristiche dello spettro per raccogliere ulteriori informazioni sulla superficie e sull’atmosfera del pianeta. Lo spettro è stato ottenuto combinando le misure di tutte e sei le modalità di spettroscopia ad alta risoluzione di NIRSpec.
L’analisi preliminare dell’atmosfera marziana
L’analisi preliminare mostra una ricca serie di caratteristiche spettrali che contengono informazioni sulla polvere, sulle nubi ghiacciate, sul tipo di rocce presenti sulla superficie del pianeta e sulla composizione dell’atmosfera. Risulta inoltre che Marte è dominato dalla luce solare riflessa a lunghezze d’onda inferiori a 3 micron, e dall’emissione termica a lunghezze d’onda superiori. Inoltre, le cadute spettrali appaiono a lunghezze d’onda specifiche in cui la luce viene assorbita dalle molecole dell’atmosfera di Marte, in particolare anidride carbonica, monossido di carbonio e acqua.
Altri dettagli rivelano informazioni su polvere, nubi e caratteristiche della superficie. Costruendo un modello ottimale dello spettro, utilizzando ad esempio il Planetary Spectrum Generator, sarà possibile ricavare le abbondanze di determinate molecole nell’atmosfera. In futuro, il team utilizzerà questi dati per esplorare le differenze regionali sul pianeta e per cercare tracce di gas nell’atmosfera, tra cui metano e cloruro d’idrogeno.
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