Nella sera italiana del 4 agosto è decollato dallo spazioporto di Jiuquan un razzo Lunga Marcia 2F con a bordo uno spazioplano le cui finalità sono segrete. Il lancio rientra quasi certamente nel programma di spazioplani che la Cina ha iniziato con il primo ed inaspettato volo del settembre 2020. In quell’occasione uno spazioplano rimase in orbita per due giorni prima di rientrare in una base militare cinese nella Mongolia Interna.
Come per la scorsa missione non esistono foto o informazioni riguardanti il veicolo riutilizzabile se non la conferma della sua esistenza tramite l’organo di stampa ufficiale China Space News. Il breve comunicato diffuso rivela anche che lo spazioplano condurrà delle non meglio precisate attività di “validazione di tecnologie di in-orbit service”.
Molto probabilmente il sito di atterraggio sarà lo stesso del primo volo in quanto la traiettoria seguita dal LM-2F è praticamente identica alla precedente. Inoltre, nella presunta pista di atterraggio sono stati osservati diversi movimenti negli scorsi giorni, grazie alle immagini satellitari.
Considerata la grande riservatezza, la maggioranza degli osservatori ritiene che questo spazioplano faccia parte di un programma di natura miliare, soprattutto se si considera il grande interesse con cui la Cina guarda ai missili ipersonici, un’applicazione a cui uno spazioplano può certamente contribuire allo sviluppo.
L’opinione più diffusa tra gli analisti militari è che il veicolo cinese sia simile all’americano X-37B. L’ipotesi è supportata dal fatto che il più recente modello in scala di spazioplano cinese noto, Shenlong, era molto simile alla controparte statunitense. L’immagine risale al 2006, quando un modello in scala dello Shenlong venne fotografato sull’ala di un bombardiere H-6.
L’espansione della base militare nella mongolia interna
Uno dei punti di maggiore interesse dal settembre 2020 è una base militare cinese situata nei pressi del poligono nucleare di Lop Nur, nella Mongolia Interna. Nel 2016 qui fu costruita una pista di oltre 5 km, una distanza nettamente superiore rispetto al normale uso aeronautico. Da allora la base non ha ricevuto particolare attenzione mediatica fino al lancio del primo spazioplano.
La pista divenne un indizio importante dell’esistenza dello spazioplano il giorno stesso del primo lancio. La sua posizione era perfettamente parallela all’orbita descritta dal Lunga Marcia 2F. Particolare attenzione è quindi arrivata dall’OSINT, una serie di esperti d’intelligence che usa fonti open source per l’analisi di questi eventi. In questo caso sono state le immagini satellitari commerciali a raccontare qualcosa sugli eventi alla base.
In particolare un’immagine dell’azienda Planet ha probabilmente ripreso il primo spazioplano nelle ore immediatamente successive all’atterraggio, il 6 settembre 2020. Tuttavia, la bassa risoluzione dell’immagine non ha permesso un’attribuzione certa, pur dimostrando un’insolita attività sulla pista.
Nel corso dei mesi successivi all’atterraggio del primo spazioplano, la base militare ha subito un significativo processo di espansione nei dintorni della pista. A rivelarlo è stata la testata americana NPR tramite delle foto satellitari di Maxar. Le immagini dell’azienda americana delineano diverse nuove costruzioni all’estremo meridionale della pista con cemento e fondamenta. Un dettaglio di rilievo che fa presupporre delle operazioni di lungo periodo rispetto ad un uso occasionale come in passato.
Breve storia degli spazioplani di Pechino
L’interesse della Cina negli spazioplani non è affatto recente, a partire dalla metà degli anni 80 Pechino ha più volte e a fasi alterne supportato lo sviluppo di uno spazioplano. Tuttavia i progetti si sono rivelati spesso troppo ambiziosi o non praticabili dalla giovane industria aerospaziale cinese. A questo bisogna necessariamente riconoscere che la sfida dello spazioplano ha un grado di complessità tale che solo due nazioni hanno sviluppato questi mezzi con successo: Stati Uniti e Unione Sovietica.
Il primo tentativo dello spazioplano cinese fu il progetto 863-204 con cui il partito comunista cinese intendeva creare il loro primo veicolo spaziale per il trasporto di umani nello spazio. Gli ingegneri cinesi analizzarono 11 proposte, poi ridotte a sei per il progetto finale. Di queste sei, quattro erano spazioplani molto diversi, che variavano da mezzi simili allo Shuttle americano, ad alcuni più futuristici anche per gli standard odierni. Pechino abbandonò poi lo spazioplano, in favore della più classica capsula, quella che oggi conosciamo con il nome di Shenzhou.
La seconda stagione dello spazioplano cinese inizia nel 2006, quando la CALT pubblicò una Roadmap in cui illustrava le fasi per costruire un mezzo operativo entro 15 anni. Lo stesso anno fu scattata la prima immagine dello Shenlong precedentemente citato. Le notizie su quest’ultimo si perdono nel 2012 quando compì una serie di test suborbitali. Non è quindi impossibile che lo spazioplano cinese di oggi sia un diretto sviluppo, se non addirittura un nuovo Shenlong.
Maggiori informazioni sulla storia degli spazioplani cinesi si possono trovare in questo approfondimento: “Uno spazioplano per Pechino“.
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