Un team internazionale di astronomi ha analizzato alcuni dati del James Webb, raccolti osservando un insieme di galassie a diverso redshift, lo spostamento verso il rosso dovuto all’espansione dell’Universo; più alto è il redshift, più vicina all’origine dell’Universo si trova la galassia. Un valore di redshift 20 o superiore vorrebbe dire osservare l’origine delle prime stelle.
Lo scopo dello studio era quello di caratterizzare la funzione di luminosità ad alto redshift, in un range compreso tra 8 e 15. La funzione di luminosità è uno strumento che ci fornisce il numero di galassie per intervallo di luminosità. È fondamentale per comprendere come le strutture su larga scala si siano evolute nel tempo. Infatti, ci aiuta a capire come cambi la densità di galassie più luminose e più deboli, e quanto queste siano effettivamente luminose e deboli.
Durante il loro studio, i ricercatori si sono imbattuti nella luce di una galassia che sembrava aver viaggiato per molto più di 13 miliardi e 470 milioni di anni (che corrispondono a redshift 15). Dopo diversi calcoli, il team ha concluso che la galassia in questione abbia un redshift 16.7. È un record assoluto e sconvolgente, se pensiamo che la galassia più distante scoperta da Hubble era a redshift 13.2.
La galassia a redshift 16.7
La galassia individuata del team si chiama CEERS-93316 e si sarebbe formata 233 milioni di anni dopo il Big Bang. Ciò corrisponde infatti a uno spostamento verso il rosso di 16,7. Redshift è il termine che gli astronomi usano quando discutono di distanze nel cosmo. Come sappiamo, l’Universo si sta espandendo. Per questo motivo, nel tempo che la luce impiega a raggiungerci, le fonti di quella luce si sono notevolmente allontanate. Esse, dunque, oggi sono molto più lontani da noi rispetto a quando emisero luce per la prima volta.
In altre parole, il redshift è una misura che descrive il modo in cui la luce proveniente da un oggetto è stata “allungata” dall’espansione dell’Universo a lunghezze d’onda più rosse. Più alto è il numero di spostamento verso il rosso assegnato a una galassia, più è distante, e prima viene vista nella storia cosmica.
Tuttavia, CEERS-93316 è solamente quello che gli scienziati chiamano un candidato. Ovvero, servono altre prove perché essa sia effettivamente dichiarata come la galassia più distante mai osservata. Le prove a conferma di un determinato studio, utilizzano tecniche complementari ma diverse, i cui risultati non siano correlati.
Webb utilizzerà la spettroscopia per confermare il redshift dei suoi candidati
Di solito succede che un candidato trovato tramite studi fotometrici debba essere sottoposto a studi spettroscopici per essere confermato o scartato. I maggiori vantaggi della spettroscopia sono che:
- I suoi spettri forniscono una visione più chiara di come la luce, originariamente emessa a lunghezze d’onda visibili, sia stata allungata nell’infrarosso nel corso della storia cosmica;
- Essa rivela la composizione chimica degli oggetti. La teoria dice che le primissime stelle erano alimentate solo da idrogeno, elio e una piccola quantità di litio, gli elementi creati nel Big Bang. Atomi più pesanti, che gli astronomi chiamano “metalli”, devono essere stati forgiati in quelle stelle e nei loro discendenti.
Di solito una galassia “rossa” contiene stelle più vecchie e con alto contenuto di metalli. Galassie più “blu”, invece, contengono popolazioni stellari più giovani e meno ricche di metalli. Ad esempio una galassia come la Via Lattea ci appare piuttosto “blu” per le stelle giovani che contiene.
Competizione aperta per la galassia più lontana
Il record di redshift 16.7, anche se ancora non confermato, sarà senza dubbio di breve durata. Infatti, da quando il James Webb ha iniziato le operazioni scientifiche alla fine di giugno, gli astronomi hanno trovato candidati sempre più lontani nelle sue immagini. Negli ultimi giorni la comunità scientifica ha riportato dati di oggetti con spostamento verso il rosso sempre più grande.
Ad esempio, uno dei primi contendenti è apparso in un catalogo Webb chiamato GLASS che includeva un’altra galassia leggermente meno lontana della precedente ma nella stessa immagine. “Il fatto che abbiamo trovato queste due galassie luminose è stata davvero una sorpresa”, afferma Marco Castellano, astronomo dell’Istituto Nazionale di Astrofisica di Roma. Lui e i suoi colleghi non si aspettavano di trovare galassie così distanti in questa piccola parte del cielo. La scoperta è stata confermata anche da un secondo team che ha individuato indipendentemente le due galassie.
L’indagine ad ampio cielo che il Webb sta conducendo, chiamata Cosmic Evolution Early Release Science (CEERS) Survey, in questi giorni ha reso nota anche l’immagine di un’altra galassia. Si tratta di un altro candidato lontano, CEERS-J141946. Steven Finkelstein, leader dello studio, l’ha soprannominato La galassia di Maisie, in onore di sua figlia. Tale oggetto ha uno spostamento verso il rosso di 14.3, il che significa che ha iniziato a brillare circa 280 milioni di anni dopo il Big Bang. Non un candidato impressionante come CEERS-93316, ma comunque una prospettiva notevole rispetto all’era pre-James Webb.
Un altro studio, poi, ha esaminato la primissima immagine in campo profondo di Webb, rilasciata dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden l’11 luglio, e ha trovato due potenziali galassie con uno spostamento verso il rosso di 16, che le collocherebbe a soli 250 milioni di anni dopo il Big Bang. Ma non finirà certo qui: le riviste scientifiche speculano su altri candidati, anche con spostamenti verso il rosso di 20.
Il Webb sta già riscrivendo i libri di astrofisica
L’obiettivo del Webb non è certo solo quello di battere record. Studi molto importanti possono essere condotti sulle galassie e sulla loro evoluzione. Uno studio della prima immagine in campo profondo di Webb ha rilevato un numero sorprendentemente elevato di galassie lontane che hanno la forma di dischi.
Questa evidenza contraddice le teorie precedenti. Negli scorsi anni, infatti, utilizzando Hubble, gli astronomi avevano concluso che le galassie lontane avessero una forma più irregolare di quelle vicine. Quest’ultime, come la Via Lattea, spesso mostrano forme regolari come i dischi. Si pensava dunque che le prime galassie fossero più spesso distorte dalle interazioni con le galassie limitrofe. Ma le osservazioni di Webb suggeriscono che ci sono fino a dieci volte più galassie distanti a forma di disco di quanto si pensasse in precedenza. Un altro articolo in pre-print suggerisce che enormi galassie si siano formate nell’Universo prima di quanto precedentemente noto.
Infine, gli studi di chimica galattica mostrano anche un quadro ricco e complicato che emerge dai dati Webb. Un’analisi della prima immagine in campo profondo ha esaminato la luce emessa dalle galassie con un redshift di 5 o superiore. Gli scienziati hanno trovato una sorprendente ricchezza di elementi come l’ossigeno.
Tale scoperta è di nuovo in contrasto con quanto sapevamo. In base alle precedenti osservazioni, infatti, gli astronomi avevano stabilito che il processo di arricchimento chimico (in cui le stelle fondono idrogeno ed elio per formare elementi più pesanti) richiedesse del tempo. Ma la scoperta che è in corso nelle prime galassie ci farà ripensare alla velocità con cui avviene la formazione stellare. Insomma, sembra proprio che il James Webb sia pronto a riscrivere i libri di astrofisica, su cui migliaia di studenti si sono formati per anni.
Lo studio sulla galassia prima candidata a redshift 16.7 si trova qui.
Gli altri studi citati sono disponibili su Nature qui.
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