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| On 2 anni ago

È stato scoperto un buco nero dormiente in un sistema binario nella Nebulosa della Tarantola

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Tra gli intricati disegni della Nebulosa della Tarantola nella Grande Nube di Magellano, una galassia satellite della nostra Via Lattea, si nascondeva un buco nero di massa stellare all’interno di un sistema binario: VFTS 243. Il team internazionale di ricercatori che l’ha scovato ha anche notato che la sua stella progenitrice è scomparsa senza alcuna esplosione.

La scoperta segue sei anni di osservazioni, ottenute con lo strumento FLAMES (Fiber Large Array Multi Element Spectrograph) installato sul VLT (Very Large Telescope) dell’ESO, ed è stata guidata da Tomer Shenar, Marie-Curie Fellow presso l’Università di Amsterdam nei Paesi Bassi. “Abbiamo identificato il classico ‘ago nel pagliaio'” ha affermato. Infatti, sebbene siano stati proposti altri candidati buchi neri simili a questo, l’equipe è convinta che questo sia il primo buco nero di massa stellare ‘dormiente’ a essere individuato con certezza al di fuori della nostra Galassia.

Buchi neri stellari in sistemi binari

Quando le stelle massicce terminano la propria vita e collassano a causa della propria gravità, si formano i buchi neri di massa stellare. In un sistema binario questo processo lascia un buco nero in orbita con una stella compagna luminosa. Il buco nero è ‘dormiente’ se non emette alti livelli di raggi X, che è il modo in cui tali buchi neri vengono in genere rilevati.

Il buco nero appena scoperto ha una massa di almeno nove volte la massa del Sole e orbita intorno a una stella blu molto calda che pesa 25 volte la massa del Sole. Nel video seguente ci allontaniamo dalla nostra Galassia per raggiungere la Grande Nube di Magellano, che ospita una delle nebulose più luminose conosciute, la Nebulosa della Tarantola.

Essa è la casa del sistema binario VFTS 243, dove si conclude il video. Il sistema potrebbe sembrare composto solamente da una stella blu calda e solitaria, ma l’altro componente è in realtà invisibile: un buco nero che pesa almeno nove volte la massa del nostro Sole e che è circa 200.000 volte più piccolo della sua compagna  stellare. Credits: ESO/Digitized Sky Survey 2, N. Risinger/R. Gendler, ESO/M.-R. Cioni/VISTA Magellanic Cloud survey.

Cosa c’è d’interessante in un buco nero dormiente?

I buchi neri dormienti sono particolarmente difficili da individuare, infatti non interagiscono molto con l’ambiente circostante. Per trovare il sistema binario VFTS 243, la collaborazione di scienziati ha studiato quasi 1000 stelle massicce nella regione della Nebulosa Tarantola, cercando quelle che potrebbero avere un buco nero come compagna. Identificare queste compagne come buchi neri non è affatto semplice.

Dopo aver individuato potenziali candidati, bisogna trovare delle spiegazioni plausibili alla loro natura di buchi neri. Sono molti gli scienziati particolarmente scettici in proposito, alcuni dei quali facenti parte del team che ha studiato VFTS 243. Uno di loro è Kareem El-Badry del Center for Astrophysics Harvard & Smithsonian, che Shenar chiama il “distruttore di buchi neri”. Fin dall’inizio, El-Badry era convinto che questo non potesse essere un sistema stellare binario con buco nero, ma ha dovuto ricredersi.

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Il buco nero in VFTS 243 e la stella che non è esplosa

Gli astronomi sostengono che un buco nero di massa stellare si formi in seguito al collasso del nucleo di una stella massiccia in fin di vita. Non è però chiaro se questo sia accompagnato o no da un’esplosione di supernova. Lo studio del sistema VFTS 243 può aiutare a trovare delle risposte. Shenar ha infatti spiegato che la stella che ha formato il buco nero in VFTS 243 sembra essere completamente collassata, senza alcun segno di una precedente esplosione.

Nonostante lo scetticismo, l’equipe di ricercatori spera che lo studio possa consentire la scoperta di altri buchi neri di massa stellare in orbita intorno a stelle massicce. Poiché si pensa siano a migliaia nella Via Lattea e nelle Nubi di Magellano, sarà interessante sfruttare gli strumenti di nuova generazione per andare a caccia di altri buchi neri dormienti.

L’articolo scentifico, pubblicato su Nature Astronomy, è disponibile qui.

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