La sonda MAVEN – acronimo di Mars Atmosphere and Volatile EvolutioN – orbita attorno al Pianeta Rosso da quasi otto anni. Lanciata nel novembre 2013, ha raggiunto la sua destinazione nel settembre 2014, posizionandosi in un’orbita ellittica di 150 x 6200 km inclinata di 75°.
Come il nome suggerisce, l’obiettivo primario di MAVEN è studiare l’atmosfera marziana. In particolare il suo aspetto attuale, il suo passato e più in generale la storia climatica di Marte. Questa sonda non è però famosa come dovrebbe, data la mole di lavoro che quotidianamente svolge a supporto delle missioni sulla superficie.
Lander come InSight e rover come Curiosity e Perseverance non potrebbero inviare a Terra la mole di dati che quotidianamente trasmettono, senza l’aiuto di MAVEN e di altri orbiter come MRO, TGO, Mars Odissey e Mars Express. Essi compongono il cosiddetto Mars Relay Network, una rete di satelliti che fanno da tramite tra i lander ed i rover e il Deep Space Network sul nostro pianeta.
Il guasto
Con un tempismo degno dei migliori film, lo scorso 22 febbraio, nelle stesse ore in cui la NASA ha confermato l’estensione della missione MAVEN fino al 2025, la sonda è entrata in safe mode. Il safe mode è una modalità di emergenza nella quale una sonda si “autoiberna” nel momento in cui riscontra un problema che non è in grado di risolvere in autonomia.
All’atto pratico, si spengono tutti gli strumenti non strettamente necessari alla sopravvivenza della missione, in attesa che dalla Terra giunga una soluzione. Ci sono svariati motivi per cui una sonda può entrare in safe mode, e molti di essi hanno un percorso di risoluzione abbastanza semplice. Non è stato questo il caso. Per usare le parole di Shannon Curry, Principal Investigator della missione MAVEN: “Siamo arrivati vicini a perdere la sonda.”
Per comprendere appieno cosa sia successo quattro mesi fa, occorre parlare di alcuni strumenti a bordo di MAVEN, le cosiddette Inertial Measurement Unit (IMU). Il loro compito è calcolare in ogni istante l’orientamento della sonda nelle tre dimensioni dello spazio, per poi fare in modo che essa possa mantenere l’assetto desiderato. Mantenere l’assetto significa puntare i pannelli verso il Sole o le antenne verso Terra, ed è chiaro quanto un malfunzionamento a questi componenti possa avere esiti catastrofici.
La soluzione di emergenza
MAVEN monta – per ridondanza – due IMU identiche fra loro, battezzate con molta poca fantasia IMU-1 e IMU-2. IMU-1 è stata utilizzata fino al 2017, quando ha iniziato a manifestare malfunzionamenti. Il team di controllo ha dunque optato per passare all’uso di IMU-2. Il componente di backup, però, ha mostrato segni di usura già verso la fine del 2021, più precocemente del previsto.
Questo comportamento ha portato a un ritorno all’uso di IMU-1 a inizio febbraio 2022. Dopo appena un paio di settimane, sono comparsi i primi problemi al mantenimento dell’assetto. Nessuna delle due IMU sembrava funzionare più a dovere. Come riportato dalla stessa Shannon Curry:
“Il safe mode si è attivato quando una delle due si è rotta definitivamente e l’altra stava andando incontro alla sua fine operativa.”
La prima soluzione che si è tentata al fine di stabilizzare MAVEN su un assetto affidabile è stata un riavvio del computer primario di bordo, senza successo. A quel punto, si è passati al computer di bordo di backup. Questo secondo tentativo ha avuto esito positivo, a patto però di utilizzare sia il computer di bordo che la IMU di backup, una situazione mai sperimentata prima. Un po’ come abbandonare una nave che affonda per ritrovarsi in mezzo all’oceano con una scialuppa a remi.
E’ stato a questo punto che il team di Terra ha realizzato che avrebbe dovuto fare a meno delle due IMU, almeno in prima battuta, per affidarsi alla cosiddetta “navigazione stellare”. Essa prevede di determinare l’assetto della sonda sulla base delle stelle che essa vede quando assume un particolare orientamento. Il calcolo viene fatto valutando le differenze con una mappa del cielo precaricata a bordo.
La soluzione a lungo termine
Non è precisa come una piattaforma inerziale, è dunque soggetta a derive nel tempo, ma a differenza della prima non ha una vita operativa limitata. Purtroppo, MAVEN non era ancora pronta per sfruttare questo metodo di navigazione. Il supporto a questa modalità era in programma per gli ultimi mesi dell’anno, ma per fortuna il team aveva già iniziato a lavorarci a tempo perso.
Il 19 aprile, meno di due mesi dopo l’entrata in safe mode, MAVEN ha ricevuto un aggiornamento software con il quale ha potuto iniziare a orientarsi usando le stelle. Per i 30 giorni successivi, i tecnici hanno poco alla volta riattivato i vari strumenti scientifici, cercando di mantenere quanto più possibile il contatto con la Terra.
La ripresa delle normali operazioni è avvenuta il 28 maggio scorso, ma il team di controllo rimane con le orecchie tese. Al momento MAVEN si affida alla navigazione stellare, ma essa è troppo imprecisa per alcune delle manovre che sono richieste alla sonda. Ciò significa che ci si dovrà affidare ancora alle IMU, seppur in maniera assai limitata.
Il futuro di MAVEN
Questa volta, grazie alla prontezza d’intervento dei team di Terra e a un po’ di fortuna, si è riusciti a riportare la situazione sui binari del controllo, ma il rischio di perdere la sonda è stato molto alto. Se ciò fosse accaduto, la NASA avrebbe perso l’attore più importante del Mars Relay Network, quello che si fa carico di trasferire il maggior quantitativo di dati tra la Terra e Marte.
Gli impatti su missioni ben più blasonate come Curiosity o Perseverance sarebbero stati ben maggiori, a ricordarci come l’esplorazione spaziale sia una catena estremamente delicata, fragile quanto il suo anello più debole.
Al momento, MAVEN è ufficialmente estesa fino al 2025. La NASA ha però già comunicato che intende affidarsi a questa sonda anche per tutta la durata della missione Mars Sample Return, che si prevede termini nel 2033. Non si può dire che la NASA non riponga aspettative altissime in questa tonnellata di metallo e nel suo team di controllo missione.
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