Quale miglior occasione per testare i sistemi di navigazione satellitare nello spazio se non le missioni CLPS e Artemis verso la Luna? Sembra quindi giunto il momento di mettere all’opera le nostre capacità di navigazione lunare, sia in superficie che in orbita, affinché siano “pronte all’uso”. Per la NASA, si tratta di un tema di grande importanza e prossimo a regalarci delle risposte in tal senso. Uno degli esperimenti più interessanti in questo settore sarà LuGRE, sviluppato dalla NASA e dall’ASI. Vediamo come funziona.
Come sappiamo, a supporto del programma Artemis, la NASA ha istituito il programma CLPS (Commercial Lunar Payload Services). L’Agenzia spaziale americana ha selezionato 14 società all’interno di questo programma, con lo scopo di trasportare sulla Luna carichi scientifici e in futuro rifornimenti per le stesse missioni Artemis.
Proprio grazie alle missioni CLPS, la compagnia Firefly Aerospace depositerà sul suolo lunare l’esperimento LuGRE. L’esperimento partirà nel 2024 a bordo del nuovo lander di Firefly: il Blue Ghost. L’Agenzia Spaziale Americana ha “comprato” 94 kg a bordo del Lander per 93.3 milioni di dollari e sfrutterà il Falcon 9 di SpaceX per lasciare la Terra.
L’esperimento testerà per la prima volta un nuovo e potente sistema di navigazione lunare che sfrutterà i segnali del Global Navigation Satellite System (GNSS) terrestre, ma sulla Luna. Il GNSS è costituito da costellazioni satellitari comunemente utilizzate per i servizi di posizione e navigazione sulla Terra. Il GPS, quotidianamente utilizzato dagli stessi americani, è una costellazione GNSS gestita dalla US Space Force.
I sistemi GNSS
In origine, i sistemi GNSS sono stati pensati per fornire posizione, velocità e tempo di un dispositivo sulla Terra. Con il passare del tempo, le missioni spaziali hanno a dir poco “imposto” il loro utilizzo anche nello spazio. A tal proposito, le prime implementazioni del GNSS sono state fatte a basse altitudini, dove il segnale di ricezione è simile a quello sul suolo terrestre.
Recentemente, invece, c’è stato bisogno di ampliare il loro utilizzo anche ad altitudini maggiori e, di conseguenza, sono aumentate le difficoltà. Infatti, l’applicazione di segnali GNSS ad altitudini maggiori implica problematiche di copertura non indifferenti. A causa della maggiore lunghezza del percorso, la potenza del segnale si affievolisce ed è di difficile lettura da parte dei veicoli spaziali. A questo si aggiunge il fatto che questi satelliti sono comunemente puntati verso la superficie terrestre, dove si trova il loro principale utilizzatore.
Numerosi esperimenti per il tracciamento del GPS nello spazio sono stati effettuati a partire dal 1997 fino ad arrivare al GPS Space Service Volume (SVV), ideato proprio per risolvere i problemi citati. Esso specifica il volume del servizio GPS attorno alla Terra e stabilisce dei parametri per la potenza della ricezione del segnale e la sua accuratezza. In parole povere, il GPS SSV stabilisce un limite inferiore nelle varie altitudini alle quali si trovano i veicoli spaziali che ne richiedono l’utilizzo.
Da qui nasce l’idea di far cooperare i GNSS americano (GPS), quello europeo (Galileo), quello cinese (BDS) e il giapponese Quasi-Zenith Satellite. Quando saranno tutti operativi, ci troveremo di fronte a una super costellazione di più di 100 satelliti GNSS in grado di seguire i veicoli spaziali ad altitudini mai pensate precedentemente.
Space Service Volume (SVV)
Prima di soffermarci sull’interessante esperimento LuGRE, però, è il caso di spiegare in breve cosa sia lo Space Service Volume sopra citato. Il GNSS SSV è definito come quella regione dello spazio che si estende dai 3000 ai 36000 km di altitudine. Regione nella quale i servizi di navigazione satellitare terrestri riescono ad operare, ma non secondo le loro performance standard.
All’interno dello spazio SSV, i servizi GNSS sono definiti da 3 parametri: precisione, potenza e disponibilità del segnale. Logicamente, l’SSV copre un range molto grande di altitudini e più ci allontaniamo dalla Terra meno le performance sono alte. Per semplificare ancor più la comprensione, lo stesso SSV è a sua volta suddiviso in due aree con differenti caratteristiche:
- Lower SSV for Medium Earth Orbits: dai 3000 agli 8000 km di altitudine, è un’area che presenta una ridotta disponibilità del segnale da una sola antenna che punta verso lo zenit (verso la Terra) ma che migliora se affiancata da un’antenna che punta verso il nadir (opposto allo zenit);
- Upper SSV for Geostationary and high Earth Orbits: dagli 8000 ai 36000 km di altezza, è un’area che presenta una forte riduzione della potenza del segnale e della sua disponibilità.
L’importanza dell’esperimento LuGRE
LuGRE è un esperimento sviluppato in collaborazione con l’Agenzia Spaziale Italiana (ASI) e raggiungerà la Luna a bordo del lander Blue Ghost di Firefly. Precisamente, LuGRE atterrerà nel bacino del Mare Crisium, dal diametro di circa 556 m. A fornire il segnale necessario alla missione, ci penseranno le costellazioni GPS e Galileo, che LuGRE sfrutterà per tracciare le prime correzioni riguardanti la posizione del GNSS per un veicolo spaziale in transito verso la Luna e sulla sua superficie.
Parliamo di prime correzioni in quanto si tratta di una distanza del tutto nuova nell’utilizzo dei segnali GNSS. Nel 2019, la missione NASA’s Magnetospheric Multiscale (MMS) sancì un record fissando la localizzazione GPS a circa 180000 km dalla Terra. Pressappoco metà della distanza dalla Luna!
Per orientarsi a un’altitudine così proibitiva, LuGRE avrà bisogno di un sistema di ricezione del segnale molto sensibile e sviluppato dalla compagnia italiana Qascom. Quest’ultima è un’azienda vicentina specializzata nella cybersecurity spaziale e offre soluzioni nell’ambito della sicurezza della navigazione satellitare, un vero e proprio fiore all’occhiello tutto italiano.
Sfruttando questo sofisticato sistema, LuGRE collezionerà numerosi segnali GNSS a differenti altitudini e anche in orbita lunare. Una volta toccato il suolo lunare, lo strumento spiegherà la propria antenna e per 12 giorni continuerà la raccolta dati dalla superficie, per poi consegnarli ad ASI e NASA per lo studio. Ci troviamo di fronte a uno scenario d’importanza epocale nell’esplorazione spaziale che speriamo possa portare i segnali GPS ad altitudini mai viste prima. Una svolta alla quale l’Italia parteciperà con un grande contribuito e che potrebbe rendere più agevole la futura esplorazione di altri pianeti come Marte.
Il futuro è quindi in orbita lunare?
I satelliti GNSS orbitano tra i 20.000 e i 23.000 km di altitudine. Di conseguenza, con l’orbita geostazionaria posta a circa 36.000 km di altezza, la Luna dista più di dieci volte tanto. Ciò che si sta tentando di fare, dunque, risulta una vera e propria mission impossible! Ciononostante, la missione NASA MMS ha dimostrato come una possibilità ci sia. L’esecuzione del “fix”, successiva all’acquisizione dei segnali GPS, ha permesso di determinare la posizione del satellite. Ricordiamo che, perché ciò sia possibile, il ricevitore deve acquisire il segnale e decodificarne il contenuto. Nel momento in cui esso riceve dati da almeno 4 satelliti, allora sarà in grado di calcolare la propria posizione.
Da qui è nata l’ambizione di rendere questa missione possibile e non solo per la NASA. Oltre all’esperimento LuGre, infatti, non possiamo tralasciare il satellite Lunar Pathfinder. Infatti, ESA ha firmato un contratto con Surrey Satellite Technology Ltd (SSTL) per l’acquisto dei servizi offerti dalla missione Lunar Pathfinder in programma nel 2024. Anch’essa offrirà servizi di trasmissione dati alle missioni lunari e sfrutterà i segnali dei sistemi di navigazione satellitare terrestre per la localizzazione. Anche per questa missione c’è in ballo la dimostrazione che i segnali di navigazione satellitare potranno un giorno essere utilizzati come guida sia in orbita che sul suolo lunare.
La connessione della Luna è un obiettivo che ha ben chiaro anche l’ESA, con la sua iniziativa Moonlight, che permetterà la creazione di un servizio di comunicazione e navigazione direttamente dall’orbita lunare. Non sembra più un azzardo supporre che, in futuro, potremmo non aver più bisogno di collegarci alle costellazioni satellitari “terrestri”. Partendo proprio dalla Luna, domani potrebbe essere più facile orientarsi verso l’esplorazione di altri pianeti senza “dover passare” dalla Terra.
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