Quasi quattro secoli dopo l’invenzione del telescopio da parte di Galileo, il 24 aprile 1990 fu il lancio dell’Hubble Space Telescope della NASA che diede inizio a una nuova rivoluzione dell’astronomia. Progettato e sviluppato da una collaborazione di NASA ed ESA, Hubble orbita a 550 km sopra la superficie terrestre, una quota che è variata negli anni.
Trovandosi oltre l’atmosfera, Hubble riesce a osservare oggetti e fenomeni astronomici con dettagli migliori rispetto a quelli ottenibili dai telescopi sulla Terra. Le fotocamere e gli spettrografi dell’HST possono rilevare oggetti vicini come asteroidi in collisione, così come galassie dell’Universo primordiale poco dopo il Big Bang. Le osservazioni di Hubble hanno svolto un ruolo chiave nella scoperta e caratterizzazione di una serie di fenomeni cosmici che hanno cambiato profondamente la nostra comprensione dell’Universo. Per l’anniversario dei suoi 32 anni in orbita, abbiamo realizzato un elenco non ordinato delle dieci migliori scoperte del telescopio spaziale Hubble. Quelle per cui sarà ricordato, e che lo rendono un vero e proprio capolavoro costruito dall’uomo.
1. La materia oscura e le lenti gravitazionali
Il 23% del nostro universo è composto da materia oscura, che non emette radiazione luminosa. E’ distribuita nell’Universo come un’enorme ragnatela dove lunghi filamenti si alternano a spazi vuoti. I punti in cui la densità di materia oscura è elevata diventano vere e proprie trappole gravitazionali che attirano a sé la materia ordinaria. In questo senso la materia oscura guida la materia luminosa e ne determina la disposizione e la conseguente formazione di stelle e galassie.
Grazie all’HST, gli astronomi sono stati capaci di riprodurre la distribuzione della materia oscura su larga scala. Hubble per fare questa scoperta ha sfruttato il fenomeno di lente gravitazionale: la materia oscura all’esterno degli ammassi di galassie può distorcere e amplificare la luce di galassie e stelle lontane. Infatti, se esse si trovano dietro un ammasso di galassie lungo la nostra linea di vista, la loro luce sarà distorta lungo forme ad anello e sarà amplificata.
Misurando la distorsione e osservando la forma di queste immagini create dalla lente gravitazionale, è dunque possibile capire quali sono i luoghi nell’Universo dove la materia oscura è localizzata e dove è più densa.
2. I dischi protoplanetari e la formazione di pianeti
Una delle scoperte più straordinarie di HST è sicuramente l’osservazione diretta di numerosi dischi protoplanetari, strutture di forma discoidale che circondano le stelle nei primi anni della loro vita. Proprio in questo insieme di gas e polveri è stato teorizzato il processo di formazione degli esopianeti, i mondi in orbita attorno a stelle al di fuori del Sistema Solare.
Hubble ha osservato direttamente queste strutture, in particolare nella Nebulosa di Orione. L’agglomerato di polveri e plasma può essere riconosciuto a occhio nudo al centro della famosa Cintura di Orione, ben visibile nel cielo notturno. Guardando con gli occhi di Hubble però, quello che si può scoprire va oltre l’immaginabile. L’HST ha infatti completato la più ampia indagine di osservazione diretta di dischi protoplanetari, analizzando i dintorni di circa 200 stelle di questa nebulosa.
Lo spettacolo catturato da Hubble può essere riassunto in queste 30 immagini di dischi che ospitano pianeti in formazione e il cui studio potrebbe chiarire come anche il nostro sistema planetario ha avuto origine.
In questo atlante di dischi è possibile osservarne due diverse tipologie:
- quelli vicini alla stella, il cui gas brilla grazie al calore di quest’ultima;
- quelli più lontani, che invece possono essere rilevati come sagome scure sul background luminoso della nebulosa.
L’elevata risoluzione di HST e la vicinanza della Nebulosa di Orione alla Terra hanno reso possibile l’osservazione diretta senza precedenti di questi futuri sistemi planetari. Ciò ha fatto breccia nello studio di queste strutture e nella comprensione di come un sistema planetario ha origine a partire da piccoli granelli di polvere e gas.
3. Gli esopianeti
Nel 1990, quando Hubble iniziò la sua avventura nello spazio, ancora nessun esopianeta era stato scoperto. Ora la NASA ne certifica la scoperta di almeno 5000. Il contributo più importante di Hubble alla conoscenza di mondi alieni, si è però focalizzato nella caratterizzazione delle loro atmosfere.
Grazie all’HST è stata identificata per la prima volta una molecola nell’atmosfera di un pianeta esterno al Sistema Solare. Si tratta di HD 209458b, situato a 150 anni luce di distanza dalla Terra e in orbita molto vicina alla sua stella ospite (6,4 milioni di chilometri). Hubble ha raccolto lo spettro della stella durante il transito del pianeta di fronte a essa e quello successivo al suo passaggio. Dal confronto dei due spettri ottenuti, è stato possibile rilevare un’impronta di sodio, non appartenente alla stella al centro del sistema.
Lo stesso tipo d’indagine è stata condotta anche su HD 189733 b, localizzato a 63 anni luce da noi. In questo caso l’analisi di Hubble ha identificato la presenza di metano, la prima molecola organica ad essere rilevata in un esopianeta.
Oltre a queste straordinarie scoperte, le osservazioni di Hubble hanno portato all’identificazione di diverse specie molecolari nelle atmosfere degli esopianeti. Tra queste, insieme a sodio e metano, anche ossigeno, carbonio, idrogeno, diossido di carbonio, vapore acqueo. La partecipazione dell’HST allo studio degli esopianeti ha dimostrato che le componenti organiche alla base della vita possono essere rilevate in mondi di altre stelle, alimentando così la speranza di scoprire vita oltre al Sistema Solare.
4. I Gamma Ray Bursts
Ad Hubble si deve il contributo anche allo studio dei lampi di raggi gamma (“Gamma Ray Burst” in inglese). Queste esplosioni cosmiche sono molto rare. Una tipica galassia ne produce alcune ogni milione di anni. Tuttavia, in pochi secondi rilasciano tanta energia quanta ne può produrre il nostro Sole in 10 miliardi di anni.
Il 3 giugno 2013 il satellite Swift della NASA ha individuato un lampo di raggi gamma particolarmente potente. Della durata di solo un decimo di secondo, il GRB è stato poi osservato da Hubble dieci giorni dopo. L’HST ha osservato un bagliore infrarosso nel luogo in cui era avvenuta l’esplosione, che nel giro di qualche settimana è poi svanito. Questo bagliore che scompare era testimone di un altro tipo di esplosione cosmica: la kilonova. Essa è ritenuta il risultato della fusione di due stelle di neutroni, e quella trovata da Hubble nella stessa posizione del GRB, ha rilevato ai ricercatori che i lampi di raggi gamma potrebbero essere prodotti anche da questo tipo di eventi cosmici.
Il professore Nial Tanvir della Leicester University afferma: “Sebbene Swift abbia scoperto questo breve lampo di raggi gamma e le osservazioni dei telescopi terrestri ci abbiano fornito la sua posizione e distanza precise, Hubble era l’unico a poter rilevare la debole emissione di kilonova”.
5. I buchi neri
L’HST divenne noto come “cacciatore di buchi neri” grazie alla sua applicazione nella ricerca di questi mostri celesti. I buchi neri sono difficili da trovare. La loro forza gravitazionale è così intensa che nemmeno la luce può sfuggire alla loro attrazione. Ciò li rende “invisibili”. Possono però essere rilevati misurando la velocità del materiale che li circonda. E’ poi possibile calcolare la massa di questo materiale: se è maggiore di quella delle stelle che vediamo, l’aggiunta potrebbe essere dovuta alla presenza di un buco nero.
Hubble, grazie alla sua capacità di misurare la velocità del gas e delle stelle circostanti a luoghi in cui era sospettata la presenza di un buco nero, ha potuto confermare le osservazioni di alcuni buchi neri supermassicci già sospetti tali. Subito dopo il lancio negli anni ‘90, Hubble era già in grado di produrre immagini cinque volte più nitide di quelle ottenute da Terra, riuscendo a migliorare la nostra comprensione di buchi neri. E ottenendo risultati sorprendenti, soprattutto sui buchi neri supermassicci.
Il dott. Marc Sarzi, capo della ricerca presso l’Osservatorio e planetario di Armagh, afferma: “Hubble ha trasformato i buchi neri supermassicci da curiosità esotiche a parte integrante della nostra comprensione della formazione delle galassie”. Tra l’altro, nel 2020 Hubble ha dato modo agli scienziati di trovare una possibile prova dell’esistenza dei buchi neri di massa intermedia.
6. La nascita e la morte delle stelle
Le stelle nascono e muoiono in maestose e variopinte danze. Hubble, grazie ai suoi numerosi filtri, ha scattato alcune delle immagini più iconiche della storia dell’astronomia.
I luoghi dell’universo dove nascono le stelle sono chiamati nebulose e si tratta di regioni molto fredde e ricche di gas e polvere. Il processo di formazione inizia quando alcuni grumi di polvere raggiungono una massa critica, permettendogli di collassare sotto la loro stessa gravità. Il collasso può essere generato casualmente, da una semplice fluttuazione della densità all’interno della nebulosa, oppure può essere dovuto a un’influenza esterna. Tra le cause più probabili ci sono collisioni con altre nebulose, esplosioni di supernova, onde d’urto da un buco nero o anche un disturbo da altre stelle che si formano nelle vicinanze.
Le immagini prodotte da HST dimostrano come le zone di formazione stellare abbiano forme molto più eccentriche di quel che si pensava e rivelano come i processi di formazione producano intense radiazioni ultraviolette, onde di shock o addirittura getti energetici. Ma sono merito di Hubble anche alcune delle prime osservazioni delle supernovae. Le esplosioni energetiche con cui le stelle muoiono quando esaurisce il carburante nei loro nuclei.
7. L’energia oscura e l’espansione dell’Universo
Circa un secolo fa l’astronomo Edwin Hubble enunciò la “legge di Hubble”, che determina il tasso di espansione dell’Universo. Essa definisce una relazione lineare tra la distanza delle galassie rispetto a noi e la velocità con cui esse si allontanano da noi. Il valore che lega queste due grandezze è la “costante di Hubble” (H) e determina proprio il tasso a cui il nostro Universo si sta espandendo.
Misure poco precise dei valori di distanza o di velocità delle galassie producono valori di H imprecisi. Da tali valori derivano poi calcoli sbagliati inerenti all’età dell’Universo.
In questo senso il telescopio Hubble è stato fondamentale. Confrontando la luminosità di oggetti conosciuti nella nostra galassia, con oggetti simili in galassie lontane, Hubble ci ha permesso di determinare con grande accuratezza la loro distanza. Combinando tali valori con misure più accurate di velocità da altri telescopi, ci garantisce misure esatte della costante cosmologica.
Grazie a HST, inoltre, gli astronomi hanno anche scoperto che l’Universo non solo si espande, ma ha un’espansione accelerata. Si pensa che ci sia una forza di “anti-gravità” che allontana le galassie tra di loro, allargando lo spazio che le separa e il tasso a cui lo spazio si ingrandisce. Gli astrofisici la chiamano “energia oscura” e credono che permei il 70% dell’intero Universo.
8. Le galassie: la distribuzione e l’evoluzione
Più un oggetto che stiamo osservando è distante da noi, più stiamo guardando indietro nel tempo. Non si tratta di magia, il motivo è il fatto che la velocità della luce non è infinita: impiega miliardi di anni per giungere fino a noi dai luoghi più remoti dell’Universo. Grazie a questo meccanismo, l’HST è stato in grado di capire come le galassie evolvono nel tempo. Osservando galassie più lontane vediamo come esse siano più piccole e dalle forme più particolari, rispetto a quelle dell’universo locale che sono per lo più ellittiche o a spirale.
Gli astronomi, con le immagini di galassie a diversa distanza, sono riusciti a ricostruire la loro evoluzione. Innanzitutto si pensa che le galassie nate nel passato fossero meno estese. Inoltre, essendo nate in un Universo più piccolo, si pensa che fossero più vicine tra loro. Secondo diversi studi, tale vicinanza avrebbe favorito lo scontro tra galassie, ed è proprio da questi scontri che sarebbero nate le galassie più massive che vediamo vicino a noi.
9. Il Sistema Solare: i satelliti naturali di Plutone e Giove
Le osservazioni di Hubble non hanno permesso scoperte solamente al di fuori del Sistema Solare. Infatti, un contributo fondamentale di questo telescopio è stato lo studio delle lune dei pianeti. La rivelazione più importante in questo campo è senza dubbio l’aver individuato quattro lune del pianeta nano Plutone. Hubble scoprì quattro satelliti attorno all’ultimo, ma ormai declassato, pianeta del Sistema Solare: Nix, Hydra, Kerberos e Styx. Questi si aggiungono a Caronte, scoperto nel 1978, di dimensioni decisamente maggiori rispetto agli oggetti identificati da Hubble.
Le prime due lune furono osservate nel 2005. Successivi studi, condotti sfruttando nuovamente i dati raccolti dal telescopio, portarono a dimostrare che i due satelliti ruotano in maniera caotica attorno al pianeta, a causa delle forze gravitazionali in gioco nel sistema Plutone-Caronte. Kerberos e Styx furono scoperti invece rispettivamente nel 2011 e 2012 e possiedono probabilmente anche essi lo stesso comportamento caotico.
Oltre alla scoperta delle lune di Plutone, Hubble ha saputo anche catturare indizi sulla ricerca di vita oltre la Terra tra i satelliti di Giove. Su Ganimede infatti, la luna più grande del Sistema Solare, ha fornito la miglior prova di esistenza di un oceano sotterraneo. Osservando le aurore su Ganimede, influenzate dal campo magnetico di Giove, è stato possibile misurare delle oscillazioni di questi fenomeni possibili solo in presenza di un oceano nel sottosuolo ghiacciato.
10. Il Sistema Solare: asteroidi e comete
Tra la miriade di oggetti che popolano il Sistema Solare, Hubble ha potuto osservare anche degli oggetti bizzarri. Tra questi risalta senza dubbio l’asteroide a sei code, chiamato P/2013 P5, situato nella fascia principale di asteroidi. Simili alle code di una cometa, questi filamenti di polvere si dispongono a ruota attorno al nucleo, rendendo questo oggetto unico nel suo genere. La formazione di questi raggi potrebbe essere dovuta all’espulsione di materiale del nucleo a seguito della rotazione che caratterizza l’asteroide.
Oltre all’identificazione di questi corpi minori, alcuni dei quali bizzarri e intriganti, Hubble ha anche avuto la fortuna di osservare degli impatti senza precedenti. Tornando indietro di circa 20 anni, il più memorabile è senza dubbio lo schianto della cometa Shoemaker-Levy 9, avvenuto su Giove nel 1994.
Il telescopio spaziale, in orbita da appena 4 anni, ha avuto la possibilità di scattare delle fotografie dell’impatto della cometa sull’atmosfera di Giove. Questo oggetto, scoperto nel 2013 dagli astronomi da cui prese il nome, si trovava in orbita al gigante gassoso ormai disgregata in una lunga fila di punti luminosi a seguito delle interazioni gravitazionali con il pianeta. Studiandone l’orbita, l’impatto era previsto per il 1994, e alla campagna osservativa che venne programmata prese parte anche Hubble. Nella foto sottostante, le immagini catturate dal telescopio dell’impatto dei frammenti della cometa.
Hubble, nostro compagno di viaggio
Al suo terzo decennio operativo, Hubble è ancora attivo e particolarmente produttivo. Il telescopio ha raccolto oltre un milione di osservazioni e ha fornito un cospicuo database di dati scientifici. Grazie a essi i ricercatori hanno potuto studiare una vasta gamma di soggetti e fenomeni che caratterizzano il cosmo, dalla formazione di pianeti in sistemi stellari diversi dal nostro all’evoluzione di giganteschi buchi neri.
Le scoperte di Hubble e le memorabili immagini che ha fotografato del cosmo hanno appassionato sia ricercatori che pubblico, affascinando sempre più persone all’astronomia. Alcune di queste immagini sono divenute vere e proprie icone culturali, condivise e riprodotte in formati di ogni genere e sorta. Attraverso quegli scatti e i misteri che ci sta aiutando a risolvere, Hubble ci ha consentito di districare la trama di un Universo silenzioso e buio che pullula di luce e fenomeni straordinari. Ci ha permesso di narrarne la storia e di entrarci dentro. E ancora ci accompagna in questo meraviglioso viaggio cosmico.
Questo articolo è stato scritto da Mariasole Maglione, Chiara De Piccoli e Mila Racca.
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