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| On 3 anni ago

L’importanza di osservare gli esopianeti con i telescopi a Terra. Lo studio del vero Tatooine

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L’universo è costellato di una varietà così immensa di stelle ed esopianeti, che ormai la realtà supera spesso la fantasia. Si può infatti trovare, fra le migliaia di esopianeti scoperti, un esempio dei principali pianeti immaginati in passato. È il caso di Tatooine, il pianeta della saga di Star Wars. Il suo corrispettivo nell’Universo reale è chiamato Kepler-16b. Come Tatooine, è un pianeta circumbinario, in orbita a due stelle. Se fosse possibile raggiungere la sua superficie, si osserverebbero due albe e due tramonti.

Questo pianeta fu scoperto dal telescopio spaziale Kepler con il metodo dei transiti. Recentemente però, un team di ricerca ha sfruttato il telescopio di 193 cm dell’Osservatorio dell’Alta Provenza, in Francia, per dimostrare l’efficacia del metodo delle velocità radiali. Questo telescopio è famoso per aver osservato il primo esopianeta attorno a una stella di tipo solare, scoperta protagonista del premio Nobel per la Fisica del 2019.

Una ricerca efficace anche da terra

La rilevazione di Kepler-16b ha dimostrato quanto possono contribuire i telescopi ground-based (“terrestri”) nella ricerca degli esopianeti, anche esotici. È il caso infatti di quelli circumbinari, tuttora rari nei cataloghi dei pianeti confermati. Scoprire questi mondi da terra è possibile, e Kepler-16b ne è la prova. Questo tipo di ricerca ha una efficienza maggiore e un costo minore rispetto a quella svolta dai telescopi spaziali. Il tipo d’informazione ricavabile inoltre è estremamente importante. Permettono infatti di stimare la massa del pianeta, oltre che a identificare più facilmente ulteriori pianeti attorno al sistema binario di stelle.

Il team di ricerca, guidato dal professor Amaury Triaud, dell’Università di Birmingham, continuerà quindi a cacciare esopianeti attorno a stelle binarie sfruttando il metodo delle velocità radiali. Lo scopo principale è quello di comprendere come questo tipo di mondi sia riuscito a formarsi in orbita a due stelle.

Illustrazione del telescopio riflettore da 193 cm dell’Osservatorio dell’Alta Provenza. Nell’immagine è possibile osservare il sistema di Kepler 16, composto dalla stella binaria e dal suo esopianeta, simile al mondo fittizio Tatooine. Lo stesso telescopio ha osservato 51 Pegasi b, il primo esopianeta scoperto in orbita a una stella di tipo solare, che ha portato alla vittoria del Premio Nobel per la Fisica gli astronomi Michel Mayor e Didier Queloz. Crediti: Amanda Smith

La formazione dei pianeti circumbinari stride con il modello esistente

Secondo il modello standard di formazione planetaria, i pianeti si formano dal disco di polveri e gas che avvolge la stella. Una serie di collisioni e fenomeni d’instabilità portano i grani di polvere a collidere e aggregarsi in oggetti sempre più massivi, fino a raggiungere la dimensione di un pianeta.

Citando il professore Amaury Triaud: “usando la spiegazione standard, è difficile comprendere come i pianeti circumbinari possano esistere. Questo perché la presenza di due stelle interferisce con il disco protoplanetario e impedisce alla polvere di agglomerarsi nei pianeti, in un processo chiamato accrescimento.”

Una possibile spiegazione dell’esistenza di questi esopianeti attorno a stelle binarie è il fenomeno della migrazione. Essi sono nati a grande distanza dal centro del sistema, dove l’influenza delle stelle è più debole, per poi spostarsi verso l’interno sotto l’effetto di questo processo migratorio. Individuare sempre più esopianeti di questa tipologia quindi è fondamentale per poter comprendere la validità del modello odierno di formazione planetaria, tuttora in continuo miglioramento. L’alternativa al fenomeno di migrazione dei mondi, guidata dal disco, corrisponderebbe infatti ad una revisione del processo di accrescimento dei pianeti.

Perché proprio questo metodo?

Tra le tecniche più proficue per l’identificazione degli esopianeti, spesso si sentono nominare il metodo dei transiti e il metodo delle velocità radiali. Essi infatti hanno contribuito in maniera significativa alla scoperta di questi mondi lontani, esterni al Sistema Solare, ma presentano delle caratteristiche differenti. Il primo si basa sull’analisi della luminosità della stella, che diminuisce al passaggio di un corpo di fronte a essa. Il secondo invece identifica una variazione nelle linee dello spettro della stella, dovuta alla perturbazione gravitazionale di un pianeta o un altro oggetto in orbita ad essa.

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Grazie al risultato ottenuto con Kepler-16b, il metodo delle velocità radiali potrebbe diventare un proficuo cacciatore di esopianeti circumbinari. Diversamente dal suo fratello di scoperte, infatti, il metodo dei transiti non è efficace in questo tipo di ricerca. Il pianeta potrebbe transitare di fronte alle stelle del sistema binario in intervalli temporali differenti, che rendono complessa l’identificazione del pianeta e dei suoi parametri orbitali. Inoltre, ottenere più transiti di uno stesso oggetto comporterebbe lunghe osservazioni del sistema, non previste nella ricerca degli esopianeti condotta dai telescopi odierni.

Il metodo delle velocità radiale quindi aiuterà non solo a scoprire mondi esotici e fantascientifici, ma anche a comprendere sempre di più i meccanismi che portano minuscole particelle di polvere a formare i pianeti.

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