Sono passati ormai 365 giorni da quel 18 febbraio 2021, quando l’Agenzia Spaziale Americana è riuscita nella storica impresa di far atterrare il rover Perseverance su Marte. In quel momento, Perseverance è diventato il secondo rover funzionante a raggiungere il Pianeta Rosso, quasi nove anni dopo il cugino Curiosity.
Il veicolo è stato progettato con una vita operativa di un anno marziano, grossomodo corrispondente a due anni terrestri. Tale valore potrebbe spaventare, in quanto significherebbe avere ancora un solo anno a disposizione per completare la missione. In realtà, quanto accaduto al rover Curiosity dovrebbe far ben sperare. Anch’esso venne lanciato con l’obiettivo di operarlo per un anno marziano, eppure alla soglia del suo decimo compleanno sulla superficie del Pianeta Rosso, non accenna a voler interrompere le proprie attività.Con le dovute cautele, ci sono dunque tutti i presupposti affinché anche la missione di Perseverance possa proseguire per decenni.
Durante il suo primo anno sulla superficie, non si può dire che Perseverance abbia disatteso le aspettative. Gli oltre 3.5 kilometri percorsi e i sette campioni raccolti sono solo alcuni dei numeri di questa missione destinata a fare la storia dell’esplorazione spaziale. Anche il fido compagno del rover, l’elicottero Ingenuity, ha stupito positivamente i suoi stessi progettisti. Con diciannove voli alle spalle ed oltre trenta minuti in volo, il primo oggetto volante controllato su un altro pianeta sembra non stancarsi di infrangere i suoi stessi record.
Gli obiettivi di missione principali e secondari
La differenza principale tra Curiosity e Perseverance è apprezzabile già negli obiettivi principali di missione. Curiosity è una missione geologica, Perseverance è una missione astrobiologica.
Possono apparire estremamente diverse tra loro, e per certi versi è così, ma è anche vero che biologia e geologia, quando si parla di esplorazione planetaria, sono strettamente collegate. Entrambi i rover montano infatti strumenti per l’analisi chimico-fisica del suolo. Curiosity si dedica allo studio dell’origine e della composizione chimico-mineralogica delle rocce, invece Perseverance si concentra sulla ricerca delle cosiddette bio-signatures, o bio-firme, cioè evidenze della presenza di vita passata.
Gli obiettivi primari di ciascuna missione si riflettono in maniera evidente sulla zona da esplorare. Il rover Perseverance è stato destinato al cratere Jezero, largo circa 45 kilometri. Jezero è un tipico cratere da impatto, formatosi probabilmente oltre 3.5 miliardi di anni fa. In seguito si è riempito di acqua liquida, trasformandosi in un lago alimentato da due fiumi, ben riconoscibili nell’immagine sottostante.
Perché proprio il cratere Jezero?
E’ ormai cosa certa che il primo equipaggio umano a sbarcare su Marte vedrà tra i suoi membri esperti in geologia e biologia. Fino ad allora, i ricercatori dovranno accontentarsi delle analisi effettuate dai laboratori semoventi a nostra disposizione.
La destinazione di Perseverance venne annunciata dalla NASA a novembre 2018, quando la missione si chiamava ancora Mars2020. Il cratere Jezero venne scelto tra oltre 60 possibili candidati, perché? In poche parole perché Jezero è, dal punto di vista geologico ed astrobiologico, una vera miniera d’oro. Per rendersene conto, è sufficiente osservarne una foto satellitare.
Già ad una prima occhiata, si possono riconoscere formazioni rocciose riconducibili a due immissari e a un emissario. Perseverance è atterrato proprio nel delta fluviale più occidentale. Quella zona è ricca di sedimenti contenenti argille antichissime, rocce al cui interno potrebbero trovarsi materia organica o biofirme. I sedimenti sono così spessi, accumulati nel corso di svariati milioni di anni di attività fluviale ininterrotta, che hanno formato un vero e proprio muro la cui fronte dà verso il centro del lago.
Perseverance si trova attualmente nella zona lacustre, ma si prevede che possa raggiungere questa “scogliera di sedimenti” e percorrerne il bordo inferiore, così da poter raccogliere e studiare campioni di suolo. Se dopo questa fase il rover dovesse essere ancora in buona salute, l’obiettivo successivo potrebbe essere lo studio del delta fluviale vero e proprio, fino a raggiungere l’antica linea di costa. Parte dei campioni raccolti nelle varie fasi esplorative, tornerà sperabilmente a Terra come obiettivo dell’ambiziosa missione Mars Sample Return.
Mars Sample Return si pone l’obiettivo di riportare campioni di suolo marziano sulla Terra nei primi anni del prossimo decennio. Perseverance non è che il primo tassello di questo puzzle: si occuperà della raccolta dei campioni di suolo e della loro sigillatura in appositi contenitori. Essi verranno poi depositati sulla superficie marziana, dove un piccolo rover dell’ESA li raccoglierà e li trasporterà ad un razzo appositamente fatto atterrare sul Pianeta Rosso. Il razzo spedirà poi i campioni in orbita marziana all’interno di un contenitore, dove un orbiter li recupererà per riportarli al nostro pianeta. Tutti i dettagli in questo articolo.
Il Mars Reconnaissance Orbiter, altrimenti noto come MRO, ha dedicato molto tempo all’osservazione di Jezero, fornendo dati che hanno poi convinto i ricercatori a sceglierlo come destinazione. Tra gli strumenti montati a bordo di MRO, vi è uno spettrometro particolarmente indicato per riconoscere le argille. Il suo nome è CRISM, acronimo di Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer for Mars, ed è l’autore dello scatto qui sotto.
E’ dunque molto importante che il rover possa raggiungere le regioni più a monte del delta fluviale. Proprio lì si trovano quelle antichissime argille che potrebbero contenere informazioni preziose sul passato del lago Jezero e dell’ambiente marziano in generale.
Oltre il cratere Jezero
Se Perseverance dovesse superare indenne l’esplorazione del delta fluviale e la sua strumentazione dovesse essere ancora in buona salute, la fase ulteriormente successiva potrebbe spingerlo oltre il cratere Jezero. Per fare ciò, il rover sarebbe costretto a risalire oltre 600 metri di dislivello, fino a sbucare oltre il bordo del cratere stesso. Una volta qui, avrebbe accesso a luoghi estremamente interessanti. Questo perché Jezero è racchiuso fra tre zone di natura diversa, riferibili ad altrettante ere geologiche marziane:
- l’altopiano Terra Sabaea, risalente al Noachiano, da 4.1 a 3.7 miliardi di anni fa
- il pianoro vulcanico Sysrtis Major, risalente all’Esperiano, da 3.7 a 3 miliardi di anni fa
- il bacino da impatto Isidis Planitia, risalente all’Amazzoniano, da 3 miliardi di anni fa ad oggi
Di particolare interesse sono le megabrecce, formatesi in occasione dell’impatto da cui ha avuto origine la Isidis Planitia. Localizzate ad ovest di Jezero, possono essere molto grosse, larghe fino ad un kilometro, e potrebbero contenere informazioni preziose sulla storia di Marte. Per quanto all’avanguardia della tecnica, purtroppo, gli studi che Perseverance può effettuare sono però limitati. La sua trivella può penetrare di pochi centimetri nel suolo, zona ancora pesantemente interessata dalla radiazione UV, che ha effetti devastanti sulla vita. Ciò non esclude comunque che il rover possa scoprire biofirme anche in queste regioni del suolo marziano, ma dovremo essere molto fortunati.
Per poter raggiungere le zone più profonde, dovremo attendere l’arrivo del rover europeo Rosalind Franklin. Se tutto andrà secondo i piani, verrà lanciato a settembre 2022 ed atterrerà in Oxia Planum a giugno 2023, regione anch’essa ricca di argille.
La sua trivella permetterà di raggiungere i due metri di profondità, dove gli effetti delle radiazioni UV sono estremamente mitigati, per non dire nulli. Non vi è dubbio che lo studio geologico ed astrobiologico di Marte occuperà buona parte di questa decade di esplorazione del Pianeta Rosso, in attesa ovviamente che il martello di un geologo in carne e ossa scalfisca la prima roccia marziana.
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