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| On 3 anni ago

Il buco nero supermassiccio al centro della galassia Messier 77 è nascosto da un anello di polvere cosmica

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Dagli anni ’50 gli astronomi sanno che al centro di alcune galassie si trovano i cosiddetti nuclei galattici attivi (Active Galactic Nuclei in inglese, abbreviato AGN). Si tratta di sorgenti estremamente energetiche, alimentate da buchi neri supermassicci. Il materiale che si aggrega attorno al buco nero centrale si muove a spirale, prima di essere fagocitato dal mostro celeste. Di recente il Very Large Telescope Interferometer (VLTI) dell’European Southern Observatory (ESO) ha osservato uno spesso anello di polvere cosmica al centro della galassia Messier 77. Questa nube sta oscurando il buco nero supermassiccio nel cuore della galassia stessa.

La scoperta è stata effettuata da un’equipe di ricercatori guidato da Violeta Gámez Rosas dell’Università di Leiden nei Paesi Bassi. Lo studio compie un passo fondamentale verso la comprensione dei nuclei galattici attivi, e fornisce anche prove importanti a sostegno di una teoria che ha ormai 30 anni: il Modello Unificato degli AGN.

Il pannello a sinistra mostra la galassia attiva Messier 77 osservata dallo strumento FORS2 (FOcal Reducer and low dispersion Spectrograph 2) installato sul Very Large Telescope dell’ESO. Il pannello a destra mostra un ingrandimento della regione più interna della galassia, il suo nucleo galattico attivo (Active Galactic Nucleus), osservato dallo strumento MATISSE installato sul Very Large Telescope Interferometer dell’ESO. Credits: ESO/Jaffe, Gámez-Rosas et al.

Un nucleo galattico attivo che brilla meno rispetto agli altri

I nuclei galattici attivi non sono tutti uguali. Alcuni rilasciano esplosioni radio, altri brillano intensamente nella luce visibile. Alcuni sono molto tenui, altri sprigionano un’energia tale da eclissare la luce di tutte le stelle della galassia. Tuttavia il Modello Unificato afferma che nonostante le differenze, tutti gli AGN hanno la stessa struttura di base. Un buco nero supermassiccio, circondato da un anello di polveri e gas. Allora perché il comportamento degli AGN non è sempre il medesimo? Perché, per esempio, il nucleo centrale di Messier 77 brilla meno rispetto agli altri?

Secondo questo modello, le differenze tra gli AGN dipenderebbero dall’orientamento con cui li osserviamo da Terra. Come per Messier 77: il suo buco nero supermassiccio centrale è oscurato dall’anello di polvere che lo circonda. Cosa che per noi lo rende completamente nascosto. Gámez Rosas spiega:

La vera natura delle nubi di polvere, e il loro ruolo nell’alimentare il buco nero e nel determinare come appare quando osservato dalla Terra, sono state questioni centrali negli studi degli AGN negli ultimi tre decenni. Anche se nessun risultato singolo risolverà tutte le domande, abbiamo compiuto un passo avanti importante nella comprensione di come funzionano gli AGN.

MATISSE ha superato un anello di polvere cosmica

Per scansionare il centro di Messier 77, a 47 milioni di anni luce di distanza dalla Terra, il team di ricercatori ha usato lo strumento MATISSE. Il Multi AperTure Mid-Infrared SpectroScopic Experiment, montato sul VLTI nel deserto di Atacama, utilizza l’interferometria per combinare la luce infrarossa raccolta dai quattro telescopi di 8,2 metri del VLT. Essendo in grado di vedere un’ampia gamma di lunghezze d’onda infrarosse, MATISSE è stato in grado di superare l’anello di polvere cosmica e misurare con precisione la temperatura.

“Le immagini che abbiamo ottenuto descrivono in dettaglio le variazioni di temperatura e l’assorbimento delle nubi di polvere intorno al buco nero” afferma il coautore Walter Jaffe, professore all’Università di Leiden.

Catturata con lo strumento MATISSE sul Very Large Telescope Interferometer dell’ESO, quest’immagine mostra la regione più interna della galassia attiva Messier 77. Effettuando osservazioni straordinariamente dettagliate del centro attivo di questa galassia è stato rilevato uno spesso anello di polvere cosmica e gas che nascondeva un buco nero supermassiccio. Il punto nero mostra la posizione più probabile del buco nero; le due ellissi mostrano l’estensione, vista in proiezione, dello spesso anello di polvere interno (tratteggiato) e del disco di polvere esteso. Credits: ESO/Jaffe, Gámez-Rosas et al.

Potremo compredere meglio il funzionamento degli AGN

L’equipe ha sfruttato i dati di ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) e del VLBA (Very Long Baseline Array) per definire meglio l’immagine dell’AGN al centro di Messier 77. Combinando questi ai dati di MATISSE, è stato possibile studiare i cambiamenti nella temperatura della polvere causati dall’intensa radiazione del buco nero. Si passa dalla temperatura ambiente a circa 1200 °C!

Nell’analisi delle temperature sono state usate le cosiddette mappe di assorbimento, che analizzano l’assorbimento della luce causato dalla polvere (e la ri-emissione nell’infrarosso). Con esse, i ricercatori hanno costruito un quadro dettagliato della distribuzione della polvere e individuato il punto in cui deve trovarsi il buco nero. Ciò che hanno ottenuto conferma il Modello Unificato.

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“I nostri risultati dovrebbero portare a una migliore comprensione del funzionamento interno degli AGN” conclude Gámez Rosas. “Potrebbero anche aiutarci a capire meglio la storia della Via Lattea, che ospita al centro un buco nero supermassiccio che potrebbe essere stato attivo in passato”.

Future prove e controprove del Modello Unificato

Bruno Lopez, Principal Investigator di MATISSE presso l’Observatoire de la Côte d’Azur di Nizza, afferma: “Messier 77 è un importante prototipo di AGN. E una motivazione meravigliosa per espandere il nostro programma di osservazione e ottimizzare MATISSE per affrontare un campione più ampio”.

Già ora i ricercatori stanno cercando di utilizzare il VLTI per trovare ulteriori prove a sostegno del Modello Unificato studiando altre galassie. Entro questo decennio arriverà anche l’Extremely Large Telescope, che senz’altro aiuterà nella ricerca. Ciò consentirà di esplorare l’interazione tra AGN e galassia ospite, offrendo nuove informazioni su questi oggetti, tra i più luminosi ed enigmatici dell’universo.

Lo studio, pubblicato sulla rivista Nature, è disponibile qui.

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