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| On 3 anni ago

Il secondo stadio di un Falcon 9 si sta per schiantare sulla Luna, ma non è un problema

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Il secondo stadio di un razzo Falcon 9 di SpaceX molto probabilmente si schianterà sulla superficie della Luna a Marzo. Non è una cosa così strana e nemmeno tanto grave. Lo stadio ha portato nello spazio nel 2015 il satellite DSCOVR, che ora è posizionato nel punto lagrangiano L1 del sistema Terra-Sole, a circa 1.5 milione di km dal nostro pianeta.

Lo schianto del secondo stadio del Falcon 9 sulla Luna non sarà una cosa voluta, ma una semplice conseguenza della meccanica orbitale e delle condizioni presenti nello spazio. Un evento impossibile da prevedere al momento del lancio, e ora impossibile da evitare, anche se si volesse. Da questo schianto si potrà però trarre un vantaggio, usandolo come fenomeno utile allo studio della superficie lunare. 

Aggiornamento: Non sarà un Falcon 9 a schiantarsi sulla Luna!

Sono emersi nuovi dettagli sull’oggetto che si trova in collisione con la Luna e il cui schianto è previsto per il 4 marzo. Bill Gray, autore del software di tracciamento di oggetti spaziali artificiali Project Pluto, lo aveva identificato come il secondo stadio del Falcon 9 che ha lanciato la missione DSCOVR nel 2015. Jon Giorgini, ingegnere al JPL della NASA ha però eseguito alcuni calcoli e simulazioni, trovando che sia impossibile che il secondo stadio del Falcon 9 si trovi in rotta verso la Luna. 

Riesaminando i database degli oggetti in orbita e le varie traiettorie di lancio, Bill Gray ha trovato un nuovo candidato. Si tratta di un Lunga Marcia 3C che nel 2014 ha lanciato la missione Chang’e 5-T1, una missione di test per la futura Chang’e 5 che nel 2020 ha recuperato campioni di roccia dalla Luna. Attualmente questo Lunga Marcia 3C è il candidato più probabile ma ancora non c’è la certezza che sia lui.

Il lancio del satellite DSCOVR

Tutto è iniziato l’11 febbraio 2015, quando al complesso di lancio numero 40 di Cape Canaveral erano le ore 18:03 e il Falcon 9 è partito con a bordo il satellite DSCOVR (Deep Space Climate Observatory), un progetto congiunto tra NASA e National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA). Il lancio si è concluso con successo circa 35 minuti dopo la partenza, con il secondo stadio che ha portato il satellite su un’orbita di 187 x 1.241.000 km. L’obbiettivo di DSCOVR è quello di osservare la Terra per studiarne l’atmosfera e monitorare il vento solare e le interazioni con il nostro pianeta.

Proprio per effettuare tali misurazione, il satellite si trova molto lontano dalla Terra, per poter monitorare Luna e Terra assieme, con singole osservazioni. NASA e NOAA hanno quindi deciso di posizionare DSCOVR nel punto lagrangiano numero 1, posizionato tra la Terra e il Sole oltre l’orbita lunare. Questa zona è quindi l’opposto, rispetto alla Terra, di dove si trova il telescopio James Webb, cioè il punto lagrangiano L2.

Schema dei punti lagrangiani de sistema Terra-Sole

Per SpaceX è stata la prima missione interplanetaria, cioè il primo lancio di un satellite oltre l’orbita terrestre. Il Falcon 9 utilizzato era alla versione 1.1, quella precedente al Block 5 usato ora, e avrebbe dovuto tentare un atterraggio sulla chiatta nell’Oceano Atlantico. A causa del mare molto agitato e un problema a uno dei motori dell’imbarcazione, SpaceX si è limitata a effettuare un rientro controllato in mare. Il primo atterraggio di successo poi è avvenuto il 22 dicembre del 2015.

Il secondo stadio ha invece dovuto spingere DSCOVR affinché questo sfuggisse all’attrazione della Terra. Ciò ha comportato che il razzo non avesse più carburante per eventuali manovre orbitali o addirittura per ritornare verso la Terra e bruciare in atmosfera. Questo secondo stadio ha quindi continuato a vagare per lo spazio, in un’orbita caotica attorno alla terra, fino a oggi.

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Una gif realizzata con le foto del satellite DSCOVR della NASA.

L’osservazione e il rientro del secondo stadio

A inizio di Gennaio, Bill Gray, autore di un software per il tracciamento di detriti, asteroidi e altri oggetti in orbita attorno alla Terra, ha pubblicato un appello per realizzare ulteriori osservazioni di questo oggetto. In questa ultima fase della sua orbita, non è ancora certo al 100% lo schianto del secondo stadio. Ancora meno è prevedibile la data e l’orario. A modificare questi valori è principalmente l’azione del vento solare, che impattando sullo stadio, ne modifica il moto. Perché è importante però conoscere la sua orbita con precisione?

Una volta che si saprà con precisione il punto d’impatto finale, si potranno modificare i satelliti in orbita lunare, come il Lunar Reconnaissance Orbiter della NASA, per fotografare lo schianto e il conseguente cratere. Queste foto e analisi si potranno usare per indagare la composizione della superficie lunare. Un’operazione di questo tipo non è la prima volta che viene fatta. Già nel 2009 la NASA ha diretto lo stadio superiore di un Atlas V verso la superficie lunare per studiarne l’impatto, durante la missione LCROSS. Ancora prima, i terzi stadi del Saturn V delle missioni Apollo 13,14,15,16 e 17 sono stati tutti fatti schiantare sulla Luna per studiare le vibrazioni originatesi dall’impatto.

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Una storia di detriti spaziali

Per il secondo stadio del Falcon 9 la storia è leggermente diversa, ma come abbiamo capito non si tratta di una cosa così strana. Il razzo di SpaceX è però il primo detrito spaziale di questo tipo a schiantarsi sulla Luna in modo completamente casuale. L’impatto è attualmente stimato per il 4 marzo, con una velocità di 2.3 km/s sulla faccia a noi nascosta della Luna. Non rimarrà quindi granché del secondo stadio di questo Falcon 9, ma la vicenda apre comunque nuove necessità di dialogo sul problema dei detriti spaziali.

Finora l’aspetto più urgente di questo problema riguardava l’orbita bassa terrestre e quella geostazionaria, dove l’affollamento di detriti e rifiuti spaziali inizia a preoccupare diversi player, sia istituzionali che privati. Proprio per questo affollamento da alcuni anni è consuetudine che ogni oggetto in grado di farlo esegua un rientro in atmosfera una volta compiuta la sua missione, che sia un satellite o uno stadio di un razzo. Per orbite più lontane di quella geostazionaria, la cosa è ovviamente impossibile, ma in futuro dovranno lo stesso essere trovate delle soluzioni.

In questi anni di rinnovata esplorazione lunare, la sua delicata superficie diventerà presto un nuovo campo sia di esplorazione e ricerca scientifica ma anche un nuovo scenario geopolitico. L’impatto imprevisto di un detrito spaziale sarà quindi una cosa che in futuro, anche se lontano, potrebbe non essere più senza conseguenze come lo sarà questa volta.

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