Il 20-21 Novembre 2021 si è tenuta la terza edizione della Italian Space Startup Competition (3ISSC), organizzata dallo Space Generation Advisory Council (SGAC) a Milano. Negli scorsi giorni abbiamo raggiunto il team di Sun Cubes, il progetto che ha vinto la competizione, per farci raccontare la loro idea imprenditoriale spaziale. La ISSC è infatti una competizione, rivolta a studenti e giovani professionisti di tutte le discipline, con l’obbiettivo, in due soli giorni, di lavorare ad una idea di startup spaziale. Non solo la tecnologia di base, quindi, ma i partecipanti sono tenuti a lavorare e poi presentare un preciso piano di business, compreso di analisi del mercato e un’idea dei passi successivi per arrivare alla sostenibilità economica.
Il team di Sun Cubes è formato da cinque giovani ingegneri, tutti studenti al Politecnico di Milano. La loro idea è quella di sviluppare una costellazione di satelliti in orbita terrestre bassa, dotati di pannelli solari, batterie e un laser. Con quest’ultimo puntano a ricaricare altri satelliti.
Il team è formato da: Alberto Chiozzi, studente di ingengeria aerospaziale, Chiara Bertoglio, studentessa di ingegneria meccanica, Gianmarco Ricciotti, studente di ingegneria meccanica, Alberto Da Rold, studente magistrale di ingegneria meccanica e Ester Sommariva, studentessa magistrale di ingengeria spaziale.
Vi siete conosciuti alla competizione o vi conoscevate già?
Alberto Chiozzi: Innanzitutto volevo ringrazia Astrospace.it per darci questa opportunità di raccontare la nostra idea, e lo Space Generation Advisory Council e SDA Bocconi per aver organizzato la competizione. Noi facevamo parte di una associazione del PoliMI che si chiama PoliSpace e quindi abbiamo già avuto modo di conoscerci qualche giorno prima dell’evento. Questo sicuramente ci ha avvantaggiato dato che siamo riusciti a partire che ci conoscevamo già e ci ha permesso di discutere qualche idea nei giorni precedenti.
Come vi siete trovati nel gestire un’idea per una startup spaziale e dover arrivare a una conclusione in soli due giorni?
Ester Sommariva: Penso sia stato piuttosto complicato, sopratutto per la parte di analisi dei costi e di sviluppo del Business Plan, che alla fine era una cosa che non avevamo mai essendo studenti d’ingegneria. E’ stata quindi una cosa molto stimolante, anche grazie all’aiuto dei mentor, che avevano anche un background più economico e ci hanno aiutato nello sviluppo finale dell’idea. Difficile quindi, ma stimolante.
Qual è l’idea e la tecnologia su cui si basa il progetto Sun Cubes?
Gianmarco Ricciotti: La nostra idea consiste in una costellazione di satelliti, dotati di batterie, pannelli solari e un raggio laser. Questa costellazione permetterebbe di ricaricare altri satelliti, quando essi hanno bisogno di più energia per tutte quelle fasi di manovre orbitale, delle fasi che avvengono poche volte all’anno. Le aziende hanno quindi bisogno di sovradimensionare pannelli e batterie per necessità di un piccolo periodo di tempo.
Questo comporta ovviamente costi e peso maggiori. La nostra idea permetterebbe quindi di risparmiare peso e costi proprio grazie alla diminuzione delle dimensioni dei pannelli solari e delle batterie. Per esempio, abbiamo stimato che si potrebbe ridurre un satellite di medie dimensioni come uno Starlink (di 250 kg) del 40% in peso, con un risparmio di 90000 euro per satellite.
Un altro vantaggio che possiamo dare ai satelliti in orbita è l’aumentare della loro vita utile. Le batterie a bordo di un satellite, col tempo si degradano, diminuendo l’energia che forniscono al satellite. Fornendo questa energia esternamente si può allungare la vita utile del satellite. Oppure, se sono dotati di motori elettrici si può aiutare questi satelliti a deorbitare.
Alberto Chiozzi: Con Sun Cubes, il nostro obbiettivo è centralizzare la produzione dell’energia e, come già detto da Gianmarco, si potrà diminuire anche tutto il sistema elettrico di produzione di energia elettrica a bordo di un satellite. Quello che andremo a costruire sarà essenzialmente la creazione di centrali elettriche nello spazio, che vanno ad accumulare e distribuire l’energia. All’inizio ci sarà quindi una parziale diminuzione di dimensioni del sistema di produzione di energia di un satellite, fino ad arrivare alla sua completa eliminazione.
Abbiamo diviso lo sviluppo del progetto SunCubes in tre fasi. Nella prima, [dal 2022 al 2023] ci sarebbe la ricerca e lo sviluppo delle tecnologie, nella seconda fase [dal 2024 ndr] lanciamo quattro satelliti in orbita per avere una visione completa di tutti i potenziali target. Nella terza fase [2030 ndr] si creerà la costellazione vera e propria.
La costellazione sarà formata da satelliti tutti uguali o alcuni saranno adibiti allo stoccaggio, alla produzione, o altro?
Alberto Chiozzi: Posso già dire che saranno tutti uguali. C’è infatti un forte problema di efficienza nel momento in cui si trasferisce energia. Il satellite sarà quindi di un tipo, il che ridurrà anche il costo di costruzione, standardizzando la tipologia di prodotto. Per quanto riguarda il ricevitore, il satellite del cliente, stiamo valutando se possiamo targhetizzare solamente i pannello solari in modo da coinvolgere già satelliti in orbita, magari quindi alla fine della loro vita operativa.
Colpire un satellite con un laser potrebbe danneggiarlo o modificarne l’assetto?
Alberto Chiozzi: Il problema di modificare l’assetto di un satellite è legato alla energia che trasferisci, tanto che alcuni stanno pensando di colpire satelliti per deorbitarli con laser diversi, ma noi lavoreremo invece con le stesse potenze del Sole, il che vuol dire che essenzialmente imprimeremo al satellite una costante solare.
Per quanto riguarda il rischio di danneggiamento, il problema più grave è se un oggetto passare in mezzo al raggio laser. Se un satellite passasse nel mezzo del raggio laser potrebbe veramente essere danneggiato. Per questo stiamo pensando a una soluzione, utilizzando una tecnologia che permetterebbe lo spegnimento del laser nel caso un satellite passasse in mezzo al fascio laser.
La vostra idea si basa su tecnologie già esistenti?
Ester Sommariva: Questa tecnologia esiste già, ed è stata già studiata da diverse Agenzie spaziali. C’è già una società che la sta usando, anche se a corto raggio, per trasferire energia sulla Terra e in futuro per usi sulla superficie lunare, in modo da eliminare cavi per trasferire energia. E’ quindi una tecnologia che già esiste ma che andrebbe adattata al nostro caso.
Alberto Chiozzi: Alcuni stanno pensando di fare quello che vorremmo fare in Sun Cubes, ma direttamente dalla Terra. Il problema sarebbe l’efficienza energetica, dato che ovviamente l’atmosfera farebbe da filtro, rimuovendo un’enorme quantità di energia. Quello che vogliamo fare noi non è quindi qualcosa di nuovo, o che non esiste, ma come lo vogliamo fare noi, in modo decentralizzato, non è ancora stato fatto da nessuno.
Quali sono i prossimi passi del progetto, e del gruppo che è stato formato alla terza ISSC?
Alberto Da Rold: Stiamo ragionando sul come portarla avanti. CI sono sicuramente molte sfide da affrontare e stiamo pensando di partecipare a vari eventi in cui presenteremo la nostra idea, anche per avere altri feedback e indicazioni, e capire se è veramente un’idea fattibile. Ovviamente il futuro dell’idea dipenderà anche dai nostri studi, dato che siamo ancora tutti studenti al Politecnico di Milano.
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