In questi giorni di fine dicembre 2021 si parla molto di una “protesta” avanzata dalla Cina per un incontro ravvicinato della stazione spaziale Tiangong con i satelliti Starlink. In particolare, si tratta di due incontri ravvicinanti, avvenuti il 1 giugno 2021 e il 21 ottobre 2021 che hanno costretto al Cina a eseguire delle manovre correttive di sicurezza con la propria stazione spaziale. La protesta della Cina non è però rivolta nel dettaglio a SpaceX, e non è stata fatta in modo frontale, ma attraverso le Nazioni Unite. La storia è però più lunga e dettagliata, e per capirla bisogna fare un passo indietro e affrontare il problema della normativa vigente sui satelliti Starlink.
Attualmente SpaceX è l’ente che possiede più satelliti in orbita. Più di qualsiasi altra singola agenzia spaziale governativa o azienda privata. I satelliti Starlink portati in orbita a fine 2021 sono attualmente 1942 e dovrebbero orbitare tutti a una quota di 550 km. È quindi normale che chiunque si trovi in orbita a quella quota o poco vicino, abbia (o avrà presto) a che fare con i satelliti di SpaceX. Per evitare scontri in orbita, una delle soluzioni migliori di cui disponiamo ora è la tracciabilità. Avere accesso alla posizione (quota e inclinazione) dei satelliti in orbita permette a tutti i player coinvolti di muoversi di conseguenza.
Questo non è però quello che succede nello spazio, dato che per i satelliti militari ovviamente non si conoscono le orbite precise. Con la creazione di nuove megacostellazioni private sono inoltre aumentati molto i satelliti di cui non sono pubblici i dettagli orbitali, e gli Starlink sono l’esempio più lampante. Nessuno obbliga le aziende private a rendere pubblici i dati precisi sulla posizione dei loro satelliti. Ovviamente per lanciare nello spazio, c’è bisogno di determinati permessi, quindi è possibile sapere con precisione quanti satelliti sono stati lanciati da SpaceX, ma non quanti sono stati deorbitati. Questo vuol dire che nessuno al mondo ha dettagli precisi sulle orbite e i numeri di Starlink in orbita. La NASA e l’ESA hanno degli accordi, alcuni già in atto, altri da potenziare in futuro, per ottenere queste informazioni da SpaceX. La Cina no!
L’incontro della Tiangong con gli Starlink
SpaceX ha portato in orbita 1942 Starlink, ma non tutti si trovano nello spazio. Molti (si parla di decine) sono infatti rientrati in atmosfera, distruggendosi. L’approccio di SpaceX nel costruire la costellazione è infatti basato proprio sui grandi numeri di Starlink. Avendo un altro rate di lancio, per qualsiasi problema riscontri un satellite viene fatto rientrare e sostituito con uno nuovo. Questo permette anche di tenere sempre aggiornata l’intera costellazione, implementando miglioramenti a ogni serie di satelliti lanciati.
Questo approccio prevede quindi che molti satelliti salgano verso l’orbita a 550 km e molti scendano. Per tutto quello detto prima però, SpaceX non rende noti quali satelliti vengono dismessi, né tanto meno quando succede. La Cina, la cui stazione orbita a 350 km di quota circa, ha quindi incontrato due di questi satelliti mentre scendevano verso l’atmosfera. L’astrofisico Jonathan McDowell, usando i dati di tracciamento del sistema americano (ancora una volta non i dati forniti da SpaceX) ha confermato l’incontro ravvicinato, affermando che quello di ottobre potrebbe essere stato un incontro a 3 km di distanza. Che non sono pochi.
Ma gli Starlink non dovrebbero spostarsi da soli?
Tutto questo sembra non poco preoccupante per la situazione dell’emergenza detriti spaziali. La costellazione di SpaceX è però la più avanzata nel prevenirli, dato che ogni satellite è dotato di un sistema di rilevamento di passaggi ravvicinati con altri oggetti e capace di prendere in autonomia la decisione di cambiare la sua orbita per evitare lo scontro. Questo però, in determinate situazioni aggiunge problemi invece di risolverli. Se SpaceX non fornisce informazioni, non c’è certezza, per la Cina in questo caso specifico, che il satellite in questione si sarebbe spostato. La decisione di muovere la Tiangong è quindi stata necessaria per ragioni di sicurezza.
La situazione non è però piaciuta alla Cina, anche perché in entrambi i casi la Stazione Spaziale era abitata. A giugno del 2021 dall’equipaggio di Shenzhou-12 e a ottobre 2021 dall’equipaggio di Shenzhou-13. Il 27 dicembre è quindi arrivata alle Nazioni Unite una protesta formale, ma non rivolta a SpaceX.
Le proteste e le ragioni cinesi
Le proteste cinesi sono state, per una volta, molto formali e sulla carta decisamente corrette. Nel documento fornito alle Nazioni Unite viene innanzitutto dichiarato e reso pubblico che queste manovre sono state effettuate. Un’informazione utile per tutto il discorso di condivisione delle informazioni fatto prima. La Cina ha poi ricordato l’articolo VI del Trattato sullo Spazio Extratmosferico, il quale afferma che ogni Stato è responsabile non solo dei propri satelliti ma anche dei satelliti di privati e aziende di quello Stato.
Con quest’ultima affermazione viene quindi velato un attacco agli USA, che sarebbero stati considerati responsabili di eventuali danni. Il tutto è però stato fatto con canali ufficiali e attraverso le Nazioni Unite, quindi non con un dialogo bilaterale. L’accusa agli USA può quindi anche essere interpretata come una volontà di stressare l’opinione internazionale per responsabilizzare i vari Stati sul problema dei detriti spaziali. È giusto però anche notare che la Cina non è esente da critiche, anzi. La ISS stessa è stata costretta più volte negli ultimi anni a evitare i detriti del satellite cinese distrutto dal test ASAT del 2007.
Secondo quanto riportato da Reuters, l’accusa decisamente velata fatta nel documento è stata più che colta dalla propaganda interna. Il Global Times, un quotidiano nazionale cinese, ha spinto molto l’opinione pubblica nell’accusare SpaceX. Sono circolate perfino diverse teorie secondo cui la stessa SpaceX ha mosso gli Starlink per avvicinarsi alla Stazione cinese.
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