All’estremo Sud del Texas, a pochi km dal confine con il Messico, si trovano enormi spiagge deserte e grandi distese di terreno, che da lontano sembrano quasi paludose. Si tratta però di un piccolo inganno.
Fra la sabbia, gli acquitrini e il mare, in questo paesaggio sorgeva un piccolo villaggio, chiamato Boca Chica, situato a circa 32 kilometri da Brownsville, la città più vicina, che conta 180mila abitanti. Ora quel villaggio quasi non esiste più, inglobato in Starbase, il nuovo spazioporto e sito di progettazione e assemblaggio che SpaceX sta costruendo. Una vera e propria nuova porta verso le stelle, e questa è la guida completa per capire come Starbase è nata, a cosa serve e come evolverà.
Storia di Starbase
[ torna all’indice]
Starbase, formalmente ancora chiamato SpaceX South Texas Launch Site, è stato inaugurato nel 2014. Il nome rimanda direttamente ad un sito di lancio perché inizialmente solo di questo doveva trattarsi: un nuovo spazioporto per Falcon 9 e Falcon Heavy. Infatti, fra il 2012 e l’inizio del 2014, SpaceX iniziò a cercare dei possibili siti dove iniziare la costruzione di uno spazioporto privato. Fra questi figuravano luoghi in Alaska, Florida, California, Georgia, Puerto Rico e ovviamente Texas. Già ad inizio 2013, però, SpaceX iniziò a studiare più approfonditamente gli appezzamenti di terreno vicino alla spiaggia di Boca Chica, omonima al villaggio adiacente. A giugno 2014 acquistò il primo appezzamento di 170mila metri quadrati e il 4 agosto annunciò ufficialmente la costruzione di un nuovo spazioporto vicino a Brownsville.
Il 22 settembre 2014 si svolse una cerimonia a poche centinaia di metri da Boca Chica, dove effettivamente doveva sorgere la nuova rampa di lancio. Elon Musk e il governatore del Texas Rick Perry fecero la classica posa “pala in mano” a rappresentare l’inizio dei lavori. Nell’estate del 2014 si parlava spesso infatti di questo nuovo spazioporto. Per Elon Musk doveva diventare il primo sito di lancio commerciale. “La prima persona che raggiungerà Marte verrà lanciata da qui”, disse ad agosto.
Nel 2014, SpaceX stava crescendo molto, ponendo il Falcon 9 sul mercato come un vettore di qualità e già fra i più utilizzati. Proprio il 2014 fu l’anno in cui iniziarono i veri e propri tentativi di recupero del primo stadio, coronati dal primo successo di rientro a Terra il 22 dicembre del 2015 durante la missione numero 20, chiamata Orbcomm OG-2. A seguito dell’inaugurazione, SpaceX mise in pausa il progetto di costruire un proprio spazioporto a Boca Chica per alcuni anni. La crescente domanda di lanci con il Falcon 9 venne soddisfatta grazie alle rampe di Cape Canaveral e Vandenberg date in gestione a SpaceX.
Per oltre tre anni, le uniche attività a Boca Chica riguardarono il trasporto di qualche macchinario, della prima antenna di tracciamento (2016) e del primo serbatoio (inizio 2018). I destini di Starbase e del progetto Starship iniziarono ad intrecciarsi in maniera più pratica a cavallo tra il 2017 ed il 2018. Il progetto di un vettore super pesante – in grado di trasportare l’uomo su Marte – non era però una novità per SpaceX. Paradossalmente, era uno dei progetti sui quali l’azienda di Musk ragionava da più tempo. Tra il 2007 ed il 2014, in alcune note interne, Musk si riferiva a questo progetto come MCT (Mars Colonial Transporter).
Prima del 2014 era anche già iniziato lo sviluppo dei motori Raptor, dedicati proprio a questo nuovo lanciatore. Secondo i piani di quegli anni, il primo stadio avrebbe dovuto montarne nove. Nel 2016 Musk rimandò più volte la pubblicazione di aggiornamenti sul progetto, ma disse che ora internamente ci si riferiva ad esso come ITS (Interplanetary Transport System). La configurazione prevedeva un “ITS Booster” e poi la possibilità di montare un “ITS Spaceship” o un “ITS Tanker” come secondo stadio.
A fine 2016, al 67th International Astronautical Congress, Musk presentò infine ufficialmente il progetto, confermando il nome ITS. Con un diametro di ben 12 metri, adesso il primo stadio montava 42 motori Raptor (con una architettura rivista rispetto a qualche tempo prima). Per tutto l’anno seguente, il progetto rimase in sordina, con qualche modifica in dimensioni, prestazioni o nome, annunciata occasionalmente da Musk.
Boca Chica ritornò definitivamente in auge a maggio 2018, durante una conferenza stampa telefonica nella quale Musk annunciò che il sito di lancio nel Texas del sud si sarebbe dedicato alla costruzione ed al lancio di ciò che ora aveva il nome di BFR (Big Falcon Rocket). Con l’inizio dell’assemblaggio del primo serbatoio, poi battezzato Starhopper, il progetto Starship prese il via in maniera ufficiale alla fine del 2018. I test su questo primo prototipo di Starship iniziarono a marzo 2019, con il primo volo di test ad agosto ad una altitudine di poche decine di metri.
Le sfide burocratiche
[ torna all’indice]
Come descritto poc’anzi, le attività di SpaceX nei terreni adiacenti il villaggio di Boca Chica iniziarono nel 2012, con l’acquisto di alcuni lotti di terreno. Il tutto, dunque, prima della decisione ufficiale di installarsi nel Texas meridionale. Con la scelta di costruire il proprio spazioporto in Texas, SpaceX ricevette dal governo dello stato un contributo da 30 milioni di dollari. Tra le promesse fatte dall’azienda californiana, figurava la creazione di almeno 200 posti di lavoro nella zona di Boca Chica. Ad inizio estate 2021 si contavano circa 1500 locali in forza direttamente a SpaceX, cui va naturalmente aggiunto l’indotto indiretto su turismo ed attività commerciali.
L’unica zona abitata nelle vicinanze dei terreni acquistati da SpaceX è il villaggio di Boca Chica. Esso è stato fondato nel 1967 e conta circa 35 abitazioni. A partire dal 2019, cioè immediatamente dopo il volo dello Starhopper, Boca Chica è stata oggetto di una estesa campagna di acquisizione da parte dell’azienda di Elon Musk, che ad inizio 2021 era riuscita ad acquistare tutte le case tranne 7. In queste occasioni, SpaceX è arrivata ad offrire fino a tre volte il prezzo di mercato, pur di entrarne in possesso. Si tratta per la maggior parte di seconde case, abitazioni estive degli abitanti di Brownsville, o di appartamenti da affittare.
Una di esse, per esempio, ha visto il suo prezzo lievitare da 47mila dollari nel 2020 a 154mila nel 2021, indice del fatto che l’offerta di SpaceX non fosse esageratamente alta. Almeno quattordici residenti di Boca Chica non hanno ancora accettato di vendere e continuano, alcuni in modo saltuario, ad occuparle. Dalla fine del 2020, SpaceX non ha rilasciato ulteriori offerte, nonostante la speranza di molti proprietaro sia di poter guadagnare ancora più di ciò che SpaceX ha inizialmente proposto.
Questo non è però l’unico motivo ad aver spinto alcuni abitanti a non vendere: molti dichiarano di non voler subìre l’atteggiamento arrogante dell’azienda di Musk. Una delle residenti di Boca Chica ha affermato che, nei primi mesi di costruzione, alcuni operai del cantiere le rubarono una cisterna per l’acqua e poi si introdussero con la forza in un’abitazione vuota per dormire. SpaceX non ha mai ammesso questo comportamento, ma ha ripagato tutti i danni relativi alla questione. Perché SpaceX ha fatto tutto ciò?
L’obiettivo di SpaceX è innanzitutto sviluppare Starship a Boca Chica, e la presenza di abitazioni private nelle vicinanze rallenta i lavori, dato che ogni test richiede permessi speciali. Gli abitanti devono essere evacuati, per evitare che una possibile esplosione frantumi i vetri e causi ferimenti. Numerose sono inoltre le attività mal sopportate dai locali, come rumori, luci massive e continui superamenti delle loro proprietà, oltre ai disagi relativi alla sicurezza e alla chiusura delle strade. Queste chiusure sono uno degli aspetti chiave. SpaceX necessita di bloccare le strade durante i test, e ha un numero di ore massimo garantito dagli accordi con la Contea di Brownsville. Secondo le leggi del Texas, nessuno può infatti bloccare l’accesso alle spiagge, che sono libere e gratuite. La spiaggia di Boca Chica è raggiungibile solo tramite la strada che attraversa Starbase.
Con il completo controllo del villaggio e della zona limitrofa a Starbase, SpaceX potrebbe imporre delle chiusure a sua discrezione, trasformando Boca Chica in una città aziendale, che dispone di una normativa particolare. Per farlo potrebbe anche usufruire della legge di Eminent Domains, che consentirebbe alla Contea di requisire i lotti per poi donarli a SpaceX. I requisiti per applicare queste legge sono però molti, in primis il dimostrare che l’operazione non verrebbe eseguita a puro scopo economico. Tutto ciò, per ora, è ancora una possibilità remota.
Il sito di costruzione
[torna all’indice]
Un sito costruito attorno al prodotto. Una peculiarità di Starbase, che salta all’occhio osservandone a posteriori la storia, è che ha iniziato a produrre componenti ben prima del suo completamento, che ancora non si può dire terminato. Nonostante siano numerosi i cantieri ancora aperti in varie zone del sito, Starbase è pensata ed equipaggiata per produrre rapidamente nuovi prototipi.
A Boca Chica, SpaceX ha costruito una fabbrica attorno al suo prodotto, piuttosto che il contrario. Questa apparente contraddizione, questa inversione del rapporto causa-effetto, è ciò che probabilmente contraddistingue SpaceX dalle aziende concorrenti, e non solo. Per comprendere appieno il modus operandi di SpaceX, si pensi agli albori del programma Starship. L’azienda californiana iniziò a lavorare al primo prototipo, Starhopper, progettato per effettuare brevi voli a quote di circa 100 metri. Il suo obiettivo principale era testare i sistemi di base necessari a far volare, in seguito, un prototipo full-scale.
A Dicembre 2018, quando le prime componenti di Starhopper cominciarono a prendere forma, Starbase era costituita da una tensostruttura e poco più. In sostanza, possedeva solo ciò che era strettamente necessario per portare a compimento il progetto Starhopper: le strutture per assemblarlo, rifornirlo e farlo volare. Una volta terminata con successo la campagna di test di Starhopper, Starbase venne rapidamente equipaggiata delle strutture necessarie a superare il livello successivo: il volo controllato di un prototipo full-scale di Starship. Ciò richiese, come prevedibile, strutture più grandi, complesse e meglio equipaggiate.
Ciò che traspare dal metodo di SpaceX è che il bisogno anticipa sempre la soluzione per soddisfarlo, che è necessariamente funzione di esso.
SpaceX non costruisce una fabbrica per iniziare a costruire prototipi di Starship. Prova a costruirne uno, comprende cosa è necessario per portare a termine quel compito, dopodiché investe per creare l’infrastruttura dedicata.
Starbase come Final Assembly Line
Si può definire Starbase come il luogo dove prendono forma le Starship, ma sarebbe erroneo affermare che l’intero processo di costruzione coinvolga solo questo sito. E’, a tutti gli effetti, la punta dell’iceberg dell’iter produttivo di Starship. Il luogo in cui convergono tutti i componenti necessari all’assemblaggio. Starbase è la Final Assembly Line di Starship. SpaceX stessa, unitamente a decine di aziende fornitrici, spedisce su base quotidiana i componenti a Starbase affinché siano assemblati come innumerevoli pezzi di un complicatissimo LEGO.
I motori Raptor, ad esempio, vengono progettati e costruiti nella sede centrale di Hawthorne, California, per poi essere testati a McGregor, Texas, e solo successivamente raggiungere Starbase. Le piastrelle che compongono lo scudo termico vengono prodotte in Florida in un sito dedicato noto come Bakery, per poi essere anch’esse spedite a Starbase. Altre componenti metalliche, diverse dagli anelli e che richiedono preassemblaggi e lavorazioni particolari, arrivano a Starbase da altri siti ubicati sul territorio statunitense. Superfici aerodinamiche e thrust puck fanno parte di questa famiglia.
Il ruolo dei diversi edifici
Per portare a compimento la costruzione di un prototipo, SpaceX ha allestito diversi edifici. Ciascuno assolve ad una particolare funzione ed è stato progettato sulla base dell’esperienza maturata con i primissimi prototipi. Il percorso che conduce al completamento di un veicolo coinvolge svariati edifici, illustrati di seguito e che possono essere così riassunti:
- Le tensostrutture, dedicate alla produzione di sezioni multianello o dei nosecone
- Le bays, dove avviene l’assemblaggio finale dei prototipi
Il viaggio di Starship e del suo primo stadio Super Heavy inizia con l’arrivo delle lastre di acciaio 304L al sito di costruzione di Starbase. La prima tappa è la cosiddetta Hydraulic Press Tent, dove l’acciaio viene modellato a formare delle sezioni cilindriche alte 2 metri e con un diametro di 9 metri.
I singoli anelli vengono poi trasferiti all’interno di due grandi tensostrutture, tra le principali del sito, che occupano ciascuna una superficie superiore a 3500 m2 l’una. Al loro interno, le singole sezioni vengono impilate e saldate a formare sezioni multianello più alte. Ci vogliono 17 singole sezioni circolari per assemblare il corpo principale di una Starship e 32 per un Super Heavy.
Una volta ottenute le sezioni multianello, esse sono trasferite nella Mid Bay (nel caso di Starship) o nella High Bay (nel caso di Super Heavy). Nel Mid Bay, un edificio alto 45 metri, i serbatoi di ossigeno e metano vengono assemblati per poi essere saldati. L’High Bay, alto 80 metri, viene invece utilizzato per la costruzione del Super Heavy (che torreggia con i suoi 69 metri di altezza) e l’installazione del nosecone di Starship.
I nosecone richiedono lavorazioni particolari per via della loro curvatura. Alla loro costruzione è dedicata la terza grande tensostruttura di Starbase, vicina e del tutto simile alle altre due, ma più alta. Per quanto riguarda l’impianto propulsivo, i motori Raptor in arrivo da McGregor vengono esaminati e preparati ad essere montati su Starship/Super Heavy in un’apposita tensostruttura, la Propulsion Tent. Nello stesso luogo vengono analizzati e/o riparati anche i Raptor reduci da uno static fire. Questo processo è naturalmente utile per comprendere come si usurano i componenti del motore a seguito dei test effettuati.
Sono attualmente (Ottobre 2021) in corso i lavori per la costruzione di un’ulteriore Bay, che sarà probabilmente nota come Wide Bay. Essa sarà larga circa il doppio della High Bay e leggermente più alta. Il suo scopo sarà principalmente quello di agevolare le procedure di assemblaggio di più prototipi in contemporanea. A tal proposito, Musk ha twittato che sarà dotata di ben due gru.
Sono vari gli strumenti a supporto di tutte le operazioni di assemblaggio e di test, a Starbase. Essi vengono assemblati in loco da SpaceX, per velocizzare le operazioni e per avere il massimo grado di customizzazione possibile. Componenti di questo tipo verranno trattate più in dettaglio nel capitolo dedicato alle infrastrutture appositamente costruite al pad di lancio.
Un processo che migliora vistosamente
Pur essendo ancora in fase di rodaggio, Starbase ha dato risultati concreti fin dai primi mesi di operatività. Nel 2020, anno durante il quale i test si sono concentrati su prototipi full-scale del secondo stadio, SpaceX ha mantenuto pressoché costante il rateo di produzione dei prototipi, riuscendo a completarne circa uno al mese.
Se il tempo impiegato per costruire un prototipo non si è ridotto che di poco, lo stesso non si può dire per la qualità e la complessità del prodotto. Si pensi ad esempio al passaggio tra SN6 ed SN8. Il tempo impiegato per la loro costruzione è stato pressoché identico, ma la seconda è stata la prima navicella a ricevere alette e nosecone. NDR: SN7 è stato un serbatoio di test a scala ridotta. E’ dunque indubbio che Starbase abbia attraversato e stia continuando ad attraversare un periodo di analisi interna e di miglioramento continui.
L’ottimizzazione dei processi produttivi industriali è uno dei cavalli di battaglia del fondatore di SpaceX, Elon Musk, che ha più volte dovuto confrontarsi con le difficoltà intrinseche che questo processo iterativo comporta. Basti pensare alla catena di montaggio delle Tesla Model 3, che hanno dato non pochi grattacapi al suo fondatore. Prima di addentrarci nelle cinque regole d’oro che Musk ritiene imprescindibili per ottimizzare un processo industriale, va fatto un appunto.
Migliorare un processo produttivo dipende in larghissima parte da ciò che si desidera produrre.Ottimizzare la produzione di Starship richiede scelte tecniche e gestionali differenti da quelle messe in atto per i Falcon 9 o per le Tesla.
E’ un processo di miglioramento continuo, per cui Musk ha una sorta di “ricetta segreta” maturata in oltre due decenni di attività industriale ad altissimi livelli. Musk ne ha recentemente discusso con Tim Dodd (meglio conosciuto come Everyday Astronaut) in un’intervista girata proprio all’interno di Starbase e reperibile su YouTube. Le cinque regole sono tanto semplici da riportare quanto complicate da applicare. Solo applicandole in sequenza si può sperare di raggiungere l’obiettivo:
- Giustifica sempre i requisiti
- Cancella parti del processo
- Semplifica ed ottimizza
- Accelera il ciclo
- Automatizza
Nella visione del fondatore di SpaceX e Tesla, tutti i requisiti vanno questionati e giustificati alla luce dell’utilizzo che si fa del prodotto finale. Dare per scontate alcune scelte tecniche – siano esse strutturali, aerodinamiche o propulsive – potrebbe condurre ad indesiderati colli di bottiglia produttivi. In parole povere, ogni scelta tecnica deve dare soluzione ad un problema ben preciso. Se un’area tecnica richiede che i motori vengano rivestiti da una copertura termica, questa scelta va giustificata con la necessità di evitare danneggiamenti da calore eccessivo durante la fase di rientro atmosferico.
Una volta accertato che il set di requisiti non contiene voci ridondanti o inutili, si può avviare un iter produttivo suddiviso in un certo numero di step. Il miglior processo possibile massimizza la qualità del prodotto e minimizza il tempo di produzione, ma è chiaro che ciò può avvenire solo con una oculata scelta degli step. Secondo Musk, un processo è davvero efficiente solo se, di tanto in tanto, si rende necessario aggiungere step precedentemente rimossi. Solo così si ha la certezza che si sta facendo tutto il possibile per rimuovere gli step meno utili. Questa regola si contrappone evidentemente alla filosofia secondo la quale bisogna aggiungere step nel processo di produzione giustificandoli con “nel caso servisse”. Questa è solo la miglior ricetta per far affogare l’intero processo nella burocrazia.
Semplificazione ed ottimizzazione vanno sempre di pari passo. In questo caso, il mantra di Musk è “non ottimizzare qualcosa che non dovrebbe esserci”. Un processo produttivo si migliora solo operando con ridotti margini di sicurezza o di tolleranza. Le gambe di Starship e Superheavy sono un esempio di questa filosofia. SpaceX intende catturare al volo entrambi gli stadi del lanciatore al loro rientro a Terra, una soluzione che elimina del tutto la necessità di progettare ed ottimizzare le gambe, una componente particolarmente rognosa.
Una volta raggiunti con successo gli obiettivi sopra, si deve necessariamente iniziare ad accelerare il ciclo di produzione, così da avere sempre più componenti da testare per trovare eventuali falle. Solo in ultima istanza, come una ciliegina sulla torta, si può automatizzare il processo, interamente o in parte.
Il sito di lancio
[ torna all’indice]
Il processo produttivo descritto poc’anzi riguarda la zona di Starbase nota come “sito di costruzione”, che coincide a grandi linee con l’ormai abbandonato villaggio di Boca Chica. C’è però un’altra zona di Starbase, importante tanto quanto il sito di costruzione e complementare ad esso: il sito di lancio, ubicato a circa 3 kilometri di distanza. Tale distanza è dovuta a questioni di sicurezza, più che giustificate visto che in più di una occasione i test su Starship si sono conclusi con spettacolari esplosioni.
Alla pari del sito di costruzione, il sito di lancio è stato costruito da zero da SpaceX, bonificando alcune zone paludose che caratterizzano questa regione del Texas al confine con il Messico. Qui, l’azienda californiana ha approntato tutto il necessario a lanciare con una certa frequenza un razzo orbitale del calibro di Starship e SuperHeavy.
I prossimi capitoli saranno dedicati alla descrizione delle infrastrutture utilizzate (e costruite) da SpaceX per supportare i test suborbitali finora effettuati e quelli orbitali in programma nel breve termine. Pur riguardando attività di complessità molto diversa tra loro, sia le strutture suborbitali che orbitali sono simili tra loro e possono essere riassunte in:
- tank farm, con i serbatoi per ossigeno, metano ed azoto criogenici
- serbatoi di acqua per proteggere pad e razzo dallo scarico dei motori
- pad di lancio
- pad di atterraggio
Sito suborbitale
La tank farm suborbitale è tra i primi ingranaggi a mettersi in moto in preparazione ad un volo suborbitale. I serbatoi sono dedicati principalmente all’immagazzinamento di metano ed ossigeno liquidi, necessari ad alimentare i motori Raptor, oppure di azoto liquido, usato per i test a pressione sui prototipi appena costruiti. Tutti i serbatoi sono riforniti periodicamente da camion appositi e sono isolati termicamente, così da ridurre al minimo la dispersione del calore. Questo è un compito abbastanza gravoso, considerate le temperature raggiunte in estate nel Texas meridionale.
Un aumento di temperatura dei liquidi criogenici li porta a bollire e ad effettuare un cambio di fase verso la forma gassosa. Per evitare di rilasciare in atmosfera i gas (soprattutto il metano), la farm è dotata di dispositivi noti come “recondenser”, incaricati di riportare alla fase liquida i vapori che altrimenti risulterebbero sprecati. L’attivazione del recondenser è uno dei principali “segni di vita” della tank farm e indica che il riempimento del prototipo potrebbe iniziare a breve. Una volta portato alla temperatura desiderata, il propellente può dunque essere pompato nei serbatoi.
SpaceX ha realizzato due pad suborbitali (chiamati pad A e pad B) con l’intento di velocizzare le procedure di test dei prototipi. Il prototipo poggia a circa 5-6 metri dal suolo, una distanza tale da poter creare problemi sia ai sistemi di terra che al prototipo in fase di accensione dei motori. Per evitare danni dovuti ai gas velocissimi e incandescenti in uscita dagli ugelli, SpaceX ha adottato due accorgimenti protettivi.
Da un lato, ha dotato i pad di un Sound Suppression System ad acqua. Esso è costituito da una serie di idranti che si attivano pochi secondi prima dell’accensione dei motori e che hanno il compito di creare un muro d’acqua che protegge non solo il pad, ma anche il prototipo stesso. Le onde d’urto, infatti, rimbalzando contro il suolo, verrebbero riflesse verso l’alto e con ogni probabilità causerebbero danni strutturali alla struttura del razzo. Dall’altro lato, il terreno su cui poggia il pad è stato rivestito da un particolare materiale noto come Martyte, in grado di resistere alle elevate temperature ed escursioni termiche dovute all’accensione dei motori.
Sito orbitale
La costruzione dei siti per i lanci suborbitali ha permesso a SpaceX di acquisire le competenze necessarie per poter costruire il primo pad orbitale. In particolare, l’azienda californiana ha fatto tesoro dell’esperienza maturata nella gestione dei propellenti criogenici e nel loro caricamento a bordo dei prototipi. La differenza sostanziale rispetto ai pad suborbitali è la presenza della torre di integrazione. L’installazione dei prototipi sui pad suborbitali, infatti, avveniva sempre grazie ad una gru appositamente tenuta sul posto. In questo caso, invece, il sollevamento del Super Heavy (prima) e di Starship (poi) avverrà tramite i bracci recentemente installate sulla torre. Come vedremo a breve, esse saranno anche responsabili della possibile “cattura al volo” di entrambi gli stadi del razzo.
La torre presenta anche un cosiddetto “Quick Disconnect Arm” (QDA), che assolve principalmente a due compiti. Da un lato garantisce la stabilità dell’intero lanciatore quando Starship è installata sul Super Heavy, dall’altro si occupa di mantenere i collegamenti elettrici e le linee di rifornimento per il secondo stadio. Il braccio rimarrà attaccato a Starship fino a pochi istanti dal lancio, quando si ritrarrà per permettere il liftoff. Il rifornimento del Super Heavy, invece, avverrà direttamente sul pad di lancio, in maniera del tutto simile a quanto già presente sui pad suborbitali.
Il pad vero e proprio è naturalmente molto più carrozzato rispetto alle controparti orbitali. Si tratta di un anello di acciaio pesante 370 tonnellate, poggiato su sei pilastri riempiti di cemento armato. Esso ospita al proprio interno anche le Hold Down Clamps, le morse che terranno in posizione il Super Heavy fino al momento del liftoff. Anche in questo caso, SpaceX ha deciso di ricorrere ad un Sound Suppression System alimentato ad acqua, ma di non costruire un flame detector per deviare lateralmente gli scarichi dei Raptor.
Per quanto riguarda la tank farm orbitale, SpaceX ha optato per costruire in casa la maggior parte dei componenti. Sfruttando la capacità produttiva degli anelli d’acciaio, infatti, ha avviato la produzione dei serbatoi per azoto, metano ed ossigeno liquidi. Un compito tutt’altro che banale, se si considera che per ogni lancio, Starship e Super Heavy dovranno essere riforniti con più di 4000 tonnellate di propellente, l’80% del quale costituito da ossigeno liquido.
La tank farm è costituita da otto serbatoi, sette dei quali a “doppio strato” ed uno normale dedicato all’immagazzinamento dell’acqua per il Sound Suppression System. Gli altri sette, che immagazzinano ed isolano termicamentei liquidi criogenici, sono costituiti da un serbatoio interno del diametro di 9 metri (come Starship), che conterrà i liquidi, a sua volta ricoperto da un serbatoio più alto e largo 12 metri. Nell’intercapedine tra i due serbatoi verrà pompato un isolante, necessario per mantenere le temperature all’interno ben al di sotto dello zero.
Musk ha recentemente dichiarato che la costruzione del cosiddetto “stadio zero”, cioè del pad di lancio con annessa torre di integrazione e farm orbitale è stato complesso tanto quanto (se non di più) costruire i prototipi.
Mechazilla, il recupero al volo ed il riutilizzo
Una menzione particolare va dedicata all’ambizioso sistema che SpaceX ha progettato per ottimizzare sia il peso del lanciatore che il suo rapido riutilizzo. Come già menzionato in precedenza, sono state recentemente installate i bracci meccanici sulla torre del pad orbitale. Nei piani di SpaceX, il loro compito sarà doppio: prima del lancio dovranno sollevare singolarmente SuperHeavy e Starship, impilandoli una sopra l’altro sul pad orbitale, a formare uno stack completo. I bracci meccanici si dovranno però occupare anche di recuperare al volo sia Super Heavy che Starship al termine delle rispettive missioni.
I bracci (chiamati chopstick) sono in grado di aprirsi/chiudersi a chela di granchio, nonché di traslare verticalmente e lateralmente. Nei piani di SpaceX, ciò dovrebbe garantire libertà sufficiente alla cattura. Non vi è alcun dubbio che una soluzione del genere si avvicini alla fantascienza più di quanto abbiamo mai visto relativamente ad un razzo. SpaceX sembra però avere tutte le intenzioni di testare questo sistema, così da eliminare il peso delle gambe ed incrementare la massa di payload che è possibile immettere in orbita.
Il futuro di Starbase
[ torna all’indice]
L’intera area di Starbase, dal sito di costruzione a quello di lancio, è ancora lontana dall’essere nella sua forma finale. Nel corso dei prossimi mesi, e soprattutto anni, vedremo grosse modifiche e la nuova base di SpaceX potrebbe cambiare totalmente aspetto. Grazie ai permessi rilasciati ai diversi enti e ad alcuni tweet di Musk, possiamo farci un’idea dei cambiamenti a cui assisteremo ed al futuro del progetto.
Un secondo pad di lancio
SpaceX non si accontenterà di avere un solo pad per effettuare i lanci verso l’orbita terrestre (e oltre) ma ha già presentato un progetto per costruirne un secondo. Chiamato pad B, sarà realizzato a sud del primo e ne sarà una copia pressoché identica. Avrà dunque bisogno di strutture identiche a supporto dei lanci. Si procederà dunque a costruire anche una seconda torre simile a Mechazilla ed una nuova tank farm orbitale.
Avere due pad consentirà all’azienda non solo di raddoppiare il numero di test e di voli, ma anche di poter contare su una struttura di backup in caso di problemi. Soprattutto durante le prime missioni, è molto probabile che qualcosa non vada come sperato e che le strutture di terra possano venire danneggiate.
In assenza di un secondo pad, ciò potrebbe costringere SpaceX a lunghi stop per effettuare le dovute riparazioni.
Il rischio è ancora più elevato se si considera che l’azienda ha intenzione di catturare al volo il Super Heavy, una manovra mai tentata prima. La volontà di costruire anche un secondo pad di lancio era stata comunicata da Musk in alcuni tweet, ma poi è emerso ufficialmente dai documenti della FAA (Federal Aviation Administration). A tal proposito, SpaceX dovrà obbligatoriamente attendere il rilascio dei permessi per poter effettuare lanci orbitali da Boca Chica. Tale autorizzazione verrà concessa dalla FAA a seguito di un’approfondita valutazione dei potenziali impatti ambientali derivanti dai lanci che SpaceX ha intenzione di effettuare da Boca Chica. I documenti presentati dall’azienda californiana, naturalmente, contengono anche tutti i progetti riguardanti il futuro di Starbase.
Nell’immagine seguente è possibile vedere in verde le strutture già realizzate o che sono in fase di completamento. In viola, invece, quelle ancora sulla carta che potremmo vedere realizzate in futuro. Da qui si evince che le strutture del secondo pad altro non sono se non una copia di quelle già esistenti. Alla pari del sito di lancio, anche il sito di costruzione subirà delle modifiche. La nuova High Bay è infatti già in costruzione (ottobre 2021) ed in pochi mesi potrà diventare parte attiva del processo di costruzione di Starship e Super Heavy.
Produzione in loco
L’obiettivo di SpaceX è quello di rendere Starbase il più indipendente possibile, in modo da evitare intoppi logistici. Verranno aggiunte ed ampliate diverse strutture, dedicate alla produzione di energia e dei propellenti per i lanci. Al sito di costruzione, più precisamente nell’area in cui vengono posizionati prototipi e strutture non più utilizzate, è presente una torre chiamata Lox Distiller. Si tratta di un impianto adibito al frazionamento dell’aria utilizzato per ricavare ossigeno e azoto. Sia Starship che Super Heavy avranno bisogno di grandi quantità di ossigeno liquido per poter volare, e produrlo direttamente in loco renderà più agevole il rifornimento.
Durante il periodo della pandemia, l’approvvigionamento di questo elemento è risultato alquanto complesso, in quanto destinato principalmente alle strutture ospedaliere. Ciò ha causato ritardi nei lanci ad aziende come SpaceX e ULA. Avere una produzione propria eviterebbe problemi di questo tipo. L’azoto invece, in quanto gas inerte, viene utilizzato durante i test a pressione sui nuovi prototipi.
Nei piani dell’azienda vi è anche la costruzione di un impianto per la produzione del metano. Stando alle dichiarazioni di Musk, tale impianto dovrebbe sfruttare il processo di Sabatier, che sfrutta l’anidride carbonica presente nell’aria. SpaceX ha intenzione di avvalersi della stessa reazione anche su Marte, per produrre propellente. Tale processo prende il nome di ISRU (In Situ Resource Utilization).
Per alimentare tutti questi impianti si renderà necessaria una grande quantità di energia. Essa verrà prodotta grazie ad un’ampia distesa di pannelli solari. Al sito di costruzione è già presente una zona equipaggiata con pannelli solari ma, sempre grazie ai documenti della FAA, sappiamo che tale area verrà ampliata. Così facendo aumenterà l’energia prodotta per soddisfare, almeno in parte, il fabbisogno di Starbase.
Le piattaforme Phobos e Deimos
A supporto dei lanci che verranno effettuati dalla base di Starbase, SpaceX sta lavorando anche su due piattaforme oceaniche. Esse verranno utilizzate sia per il lancio che per il rientro di Starship e Super Heavy, oltre alla produzione diretta del propellente. Ad agosto 2020, l’azienda di Musk è entrata in possesso di due vecchie piattaforme petrolifere, acquistate al prezzo di 3.5 milioni di dollari ciascuna. Esse sono subito state soprannominate Phobos e Deimos, come le lune del Pianeta Rosso.
Dopo l’acquisizione, Deimos ha raggiunto il porto di Brownsville, mentre Phobos ha navigato fino a Pascagoula, in Mississippi. Ad inizio 2021 sono iniziate le operazioni di riconversione affinché possano supportare i lanci e i rientri. L’utilizzo di queste piattaforme consentirebbe a SpaceX di operare in modo più sicuro. Phobos e Deimos stazioneranno lontano dalla costa e dunque dai centri abitati, evitando così tutti i problemi legati ai lanci spaziali. Uno fra tutti, quello legato al rumore e alle onde d’urto generate, che, se troppo vicine alle abitazioni, potrebbero danneggiarle e ferirne gli abitanti.
Starbase come meta turistica
Rispetto a molte altre aziende del settore aerospaziale, SpaceX ha deciso di adottare un approccio completamente differente riguardo le aree di costruzione e test. Tutto (o comunque la maggior parte) di ciò che avviene è a vista e chiunque può passare per osservare lo stato dei lavori. Questo ha portato ad un aumento esponenziale del turismo a Brownsville.
Molti appassionati di spazio hanno iniziato a recarsi nel sud del Texas proprio per poter ammirare le immense strutture erette a Boca Chica. Elon Musk non ha mai ostacolato questo tipo di turismo, sicuro del fatto che le principali soluzioni tecnologiche sono comunque nascoste. SpaceX infatti deve rispettare l’International Traffic in Arms Regulations (ITAR), una serie di norme che regola l’esportazione di tecnologia militare a salvaguardia della sicurezza nazionale. Ciò che possiamo osservare quindi è solo la punta dell’iceberg dell’intero progetto.
Proprio per accogliere i turisti, a Starbase sono presenti due bar. Il Tiki Bar è situato a metà strada tra il sito di costruzione e quello per i test. Una sua caratteristica è quella di avere anche un’area esterna coperta molto particolare. Parte del tetto di questa struttura infatti è stata ottenuta utilizzando le due ali posteriori della Starship MK1, il primo prototipo completo visto durante la presentazione di Musk il 29 settembre 2019.
La seconda area ristoro è attualmente in costruzione e si trova in cima all’High Bay. Si tratta di un locale che avrà ampie vetrate, con una vista a 360 gradi sull’intera zona circostante. Ad agosto 2020, l’azienda era alla ricerca di un Project Coordinator per la realizzazione di un resort di lusso a Boca Chica.
L’obbiettivo a lungo termine è dunque quello di realizzare un vero e proprio spazioporto del futuro.
Questa guida a Starbase è stata scritta da Damiano Faro; Andrea D’Urso; Andrea Novelli; Federico Palaia; Stefano Piccin. La guida a Starbase sarà aggiornata costantemente nei prossimi mesi e anni, seguendo lo sviluppo della nuova città spaziale di SpaceX.
Per seguire nel dettaglio tutti gli aggiornamenti sulla costruzione di Starship, ogni 5 del mese viene pubblicata I progressi di Starship, la rubrica che segue nel dettaglio tutto quello che succede a Starbase.
Continua a seguire Astrospace.it sul canale Telegram, sulla pagina Facebook, sul nostro canale Youtube e ovviamente anche su Instagram. Non perderti nessuno dei nostri articoli e aggiornamenti sul settore aerospaziale e dell’esplorazione dello spazio.