Utilizzando il telescopio presso l’Osservatorio W.M. Keck alle Hawaii, i ricercatori hanno scoperto il primo sistema planetario che assomiglia a quello che diverrà il nostro Sistema Solare dopo lo spegnimento del Sole. Tra cinque miliardi di anni circa infatti, il Sole raggiungerà la fine della sua vita: smetterà di bruciare carburante al suo interno e si spegnerà, diventando una nana bianca.
Il sistema planetario osservato è costituito da un pianeta gigante con un’orbita molto simile a quella di Giove, rotante attorno a una nana bianca vicina al centro della Via Lattea.
La tecnica della microlente gravitazionale
I ricercatori hanno individuato l’esopianeta utilizzando la tecnica della microlente gravitazionale. Questo fenomeno si verifica quando una stella vicina alla Terra si allinea con una stella più lontana. La gravità della stella in primo piano agisce da lente e amplifica la luce della stella in secondo piano. Se attorno alla stella vicina orbita un pianeta, durante il suo passaggio esso deforma momentaneamente la luce amplificata dall’effetto di lente. Misurando questa variazione nell’intensità della radiazione, è possibile accertare la presenza di un pianeta ed eventualmente calcolarne la distanza e altre caratteristiche.
Un sistema planetario simile a come diverrà il nostro
Dopo la scoperta del pianeta, il team ha cercato la sua stella ospite. Diversamente dalle aspettative, ha scoperto che la stella brillava di una luce molto debole, troppo debole per essere una normale stella nel mezzo della sua vita (fase di “sequenza principale”). I dati suggerivano che la stella potesse essere una nana bruna, oggetto cosmico che non è né una stella né un pianeta.
La combinazione di:
- Sistema di ottica adattiva del telescopio sull’Osservatorio W.M. Keck,
- Fotocamera NIRC2 nel vicino infrarosso
ha permesso di ottenere immagini ad alta risoluzione nel vicino infrarosso. Esse hanno rivelato che la stella ospite dell‘esopianeta gigante scoperto dal team era in realtà una nana bianca. La sua massa è pari a circa 0.6 masse solari e l’esopianeta sopravvissuto al suo spegnimento è un gigante gassoso, circa il 40% più massiccio di Giove. Insomma, un sistema planetario che potrebbe somigliare a quello che diventerà il nostro Sistema Solare.
Lo stadio di nana bianca del Sole
Una nana bianca è lo stadio evolutivo di una stella della grandezza del nostro Sole durante il quale essa, dopo aver terminato le reazioni di fusione nucleare, va via via spegnendosi e raffreddandosi. Si tratta di una stella collassata su se stessa, molto più piccola di come era inizialmente. È costituita da un nucleo caldo e molto denso, grande circa come la Terra e con una massa metà di quella attuale del Sole.
Le nane bianche non hanno più combustibile nucleare per brillare. Sono oggetti celesti piccoli, compatti e con una luminosità molto debole, perciò sono difficili da osservare.
Il nostro Sole terminerà di bruciare l’Idrogeno presente al suo interno e inizierà a bruciare l’Elio, ma non sarà in grado di continuare l’evoluzione stellare per via della sua massa iniziale troppo piccola. Quindi, una volta che la gravità, la pressione e l’energia rilasciata dalla fusione nucleare non riusciranno più ad equilibrarsi, si gonfierà e poi collasserà su se stesso a formare una nana bianca.
I pianeti giganti del Sistema Solare potrebbero sopravvivere
“Questa prova conferma che i pianeti che orbitano a una distanza sufficientemente grande possono continuare a esistere dopo la morte della loro stella” afferma Joshua Blackman. Ricercatore post-dottorato presso l’Università della Tasmania in Australia, è autore principale dello studio pubblicato su Nature.
Dato che il sistema è analogo al nostro Sistema Solare, suggerisce che Giove e Saturno potrebbero sopravvivere alla fase di gigante rossa del Sole.
Il coautore David Bennett, ricercatore presso l’Università del Maryland e il Goddard Space Flight Center della NASA, afferma:
Il futuro della Terra potrebbe non essere così roseo perché è molto più vicina al Sole. Se l’umanità volesse trasferirsi su una luna di Giove o Saturno prima che il Sole frigga la Terra durante la sua fase di supergigante rossa, rimarremmo comunque in orbita attorno al Sole. Anche se non potremmo fare affidamento sul calore del Sole, perché diverrà una nana bianca.
Il Sistema Solare e l’autodistruzione del Sole
La ricerca su questo particolare sistema planetario, fotografia di come ci aspettiamo evolva il Sistema Solare dopo lo spegnimento del Sole, ha permesso altre conclusioni interessanti. Per esempio, i ricercatori escludono la possibilità di una stella di neutroni o di un buco nero come ospiti di questo sistema, e possono confermare con certezza che il gigante gassoso orbita attorno a una nana bianca. “Esso offre uno sguardo su come sarà il nostro Sistema Solare dopo la scomparsa della Terra, provocata dalla cataclismica scomparsa del Sole”.
Il team di ricerca prevede d’includere dei modelli statistici in questa scoperta per scoprire quante altre nane bianche hanno pianeti intatti sopravvissuti al loro spegnimento.
Nella animazione qui sopra, è mostrata la rappresentazione artistica di una stella che si gonfia in una gigante rossa mentre brucia tutto il combustibile rimasto al suo interno, e poi collassa in una nana bianca. Ciò che rimane è un nucleo caldo e denso all’incirca delle dimensioni della Terra e circa la metà della massa del Sole. Un gigante gassoso simile a Giove orbita a distanza, sopravvivendo alla trasformazione esplosiva. Credits: W.M. Keck Observatory, Adam Makarenko
Cosa capiremo con il Roman Space Telescope
Il Nancy Grace Roman Space Telescope, prossima missione della NASA, mira a visualizzare direttamente i pianeti giganti. Questo permetterà agli scienziati di proseguire studi simili a questo.
Il Roman potrà effettuare un’indagine molto più completa dei pianeti in orbita attorno alle nane bianche. Anche quelle situate in prossimità del centro della Via Lattea. Ciò consentirà agli astronomi di determinare se è comune che i pianeti simili a Giove sfuggano agli ultimi giorni della loro stella, o se una frazione significativa di essi venga distrutta prima che le loro stelle ospiti diventino giganti rosse.
Lo studio completo pubblicato su Nature è disponibile qui.
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