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Nuove analisi dei campioni di Chang’e-5: è ancora incognita l’ultima attività vulcanica della Luna

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L’analisi dei campioni di rocce basaltiche, che nel dicembre scorso erano stati portati sulla Terra dalla missione cinese, ne rivela la composizione chimica, mineralogica e l’età. La coppia di moduli Lander/Ascender di Chang’e-5 è atterrata sulla superficie lunare il 1 dicembre 2020 nell’ Oceanus Procellarun, nell’emisfero settentrionale del lato visibile. Con una superficie di quattro milioni di kilometri quadrati, l’Oceanus Procellarum è la più grande pianura esistente sulla Luna, in prossimità della quale sono situati molti monti e vulcani.

Perchè l’Oceanus Procellarum?

Dati satellitari avevano suggerito la presenza di rocce basaltiche proprio nella regione in cui si trova questa vasta distesa. Il basalto è una roccia effusiva dalla colorazione grigio-nera. In parole semplici, si tratta di lava solidificata ed è, quindi, testimonianza di attività vulcanica.

Come mostra l’analisi di tali campioni appena pubblicate dalla Cina, le eruzioni basaltiche sulla Luna sono avvenute in regioni ricche di elementi radioattivi come potassio, torio e uranio. Una possibile spiegazione potrebbe essere trovata nelle proprietà di questi elementi. Essi, infatti sono in grado di produrre calore e miscelare il magma negli strati inferiori alla crosta. Tuttavia i meccanismi precisi sono al momento sconosciuti e non è chiaro se tali elementi siano effettivamente responsabili della fusione del magma in profondità.

Il contributo maggiore di questa ricerca quindi, non è tanto la datazione dell’ultima eruzione vulcanica sulla Luna. Infatti, non è possibile determinare con esattezza a quando risale l’ultima attività geologica sul nostro satellite, dal momento che non conosciamo a sufficienza la relazione tra la presenza di elementi radioattivi e i processi che avvengono sotto la crosta. Il punto centrale del lavoro di analisi di tali campioni è stato, invece, quello d’imporre nuovi limiti all’età della Luna. Un errore più piccolo e una stima più precisa di questo valore, suggeriscono una valida direzione nello studio della formazione del nostro sistema solare.

Come si calcola l’età di una superficie planetaria?

In generale sappiamo che esiste una relazione tra il numero di crateri da impatto su una superficie e la sua età relativa. Questo è valido in regioni geologicamente quiescenti in cui l’assenza di attività vulcanica ha impedito il rinnovamento della superficie, lasciando che i crateri giacessero indisturbati per il resto dell’eternità e che quelli nuovi si aggiungessero a quelli meno recenti. Quindi, come è facile intuire, superfici più datate sono sede di un numero maggiori di crateri.

La Luna è l’unico corpo planetario per cui le età dei crateri da impatto sono state calibrate con la datazione radiometrica, quindi la cronologia lunare viene utilizzata per dedurre le età di altre superfici planetarie in tutto il Sistema Solare. Ad esempio, l’evoluzione climatica di Marte è direttamente correlata alla cronologia dei crateri lunari. Tuttavia, la cronologia lunare è altamente incerta per età inferiori a 3 miliardi di anni. L’obiettivo di Xiaochao Che, principale autore dello studio, e dei suoi collaboratori, era proprio vincolare l’età del campione basaltico Em4/P58 appartenente al sito di atterraggio. Essa ha un’ampia gamma di età previste in base ai crateri da impatto, che varia da 1,2 a 3,2 miliardi di anni.

Panorama da Chang’e 5. Foto modificata da Mattias Malmer.

Nuovi vincoli sull’età della Luna

A questo scopo, il team di Che ha analizzato i rapporti isotopici del Piombo (207Pb/206Pb vs. 204Pb/206Pb ) di due frammenti analizzati in 50 posizioni selezionate e corrispondenti ad aree di circa 7 μm di diametro.

ANNUNCIO

Naturalmente, determinare l’età dei basalti lunari richiede la conoscenza della loro composizione iniziale di Piombo. Esso si presenta come una miscela di quattro isotopi stabili: 204Pb, 206Pb, 207Pb e 208Pb. 206Pb, 207Pb e 208Pb sono radiogenici, ovvero sono il prodotto finale di tre catene di decadimenti radioattivi che hanno inizio rispettivamente da 238U, 235U e 232Th.

Gli studiosi hanno utilizzato il metodo delle isocrone, ottenendo così sia l’età che la composizione isotopica iniziale di Pb. Tale modello, di cui è già stata precedentemente provata la validità, tiene addirittura conto della presenza onnipresente di contaminazione terrestre sul suolo Lunare. Le singole età isocrone ottenute per i due frammenti sono 1893 ± 280 milioni di anni e 1966 ± 59 milioni di anni. Combinando tutti i dati per i due frammenti, che sono coerenti all’interno delle incertezze, si ottiene un’età di 1963 ± 57 milioni di anni.

L’attività geologica e il vulcanesimo lunare rimangono un mistero

Come abbiamo detto precedentemente, non sono chiari i processi geofisici e geochimici che collegano basalti lunari e alta concentrazione di elementi radioattivi. Una possibilità è che l’elevata radioattività all’interno del mantello lunare abbia prodotto anomalie termiche di lunga durata, che abbiano aumentano la fusione e generato giovani basalti lunari. Questa ipotesi prevede che i giovani basalti contengano livelli elevati di elementi radioattivi, ma i risultati di questo studio mostrano che non è così. Continua dunque a esserci sconosciuta la data dell’ultima attività vulcanica sulla Luna.

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