Questa settimana si è svolto il Europlanet Science Congress (EPSC) 2021. In questa occasione Yuqi Qian, PhD alla China University of Geosciences, ha presentato le prime analisi effettuate sui campioni di roccia lunare recuperati dalla missione Chang’e 5. La sonda cinese ha raggiunto la superficie della Luna a dicembre del 2020, raccogliendo e poi riportando a Terra circa 1.7 kg di materiale lunare. La particolarità è il luogo di arrivo del lander, un’area geologica fra le più giovani della Luna, con un’età di circa 2 miliardi di anni. Questa zona si trova sul bordo occidentale del Northern Oceanus Procellarum.
I materiali raccolti sono per la maggior parte regolite creata dalla frammentazione e polverizzazione di rocce lunari, avvenuta nel corso di miliardi di anni a causa dei vari impatti che colpiscono il nostro satellite. Circa il 90% di questi campioni è originario della zona di atterraggio o degli immediati dintorni, e si tratta di uno speciale tipo di basalto, chiamato mare basalt. Questo materiale vulcanico ricopre gran parte del lato a noi visibile della Luna, ed è riconoscibile per il suo colore grigio scuro.
Il restante 10%
Il 10% del materiale studiato da Yuqi Qian e i suoi colleghi è invece più esotico. Il ricercatore cinese ha affermato che questo materiale potrebbe conservare indizi sulla composizione di zone lontane della Luna, oltre a piccoli frammenti degli asteroidi che hanno colpito la superficie in passato. Yuqi Qian e alcuni ricercatori della Brown University e dell’Università di Münster hanno trovato delle piccole goccioline di materiale vetroso.
Sono poi riusciti a tracciarne l’origine fino a dei vulcani ormai estinti conosciuti come Rima Mairan e Rima Sharp, situati a 230 km e 160 km di distanza. Il primo in direzione Sud-Est rispetto alla posizione della sonda, il secondo in direzione Nord-Est. Le successive analisi su questi campioni vetrosi potrebbe chiarire molte cose sul passato vulcanico della Luna.
Una seconda ipotesi
Un’altra origine per questo materiale più esotico potrebbe essere l’impatto di asteroidi sulla superficie, che scalda fino a fondere le rocce coinvolte. Il fatto che la zona sia molto giovane però, pone un limite a questa ipotesi. Solamente i crateri più giovani di due miliardi di anni avrebbero potuto originare quella regolite, e sul lato a noi visibile della Luna non sono così frequenti i crateri così giovani. Se infatti la regolite fosse stata originata da impatti più vecchi, sarebbe poi stata ricoperta dalla formazione di tutta la zona studiata.
Il team di ricerca ha quindi modellato i contributi di alcuni crateri, candidati per essere l’origine di questa regolite. Questi sono a sud e sud-est i crateri Aristarchus, Kepler e Copernicus, a nord-ovest il cratere Harding e a nord-est il cratere Harpalus. I risultati mostrano che proprio Harpalus potrebbe contribuire in modo significativo a questi campioni, che quindi potrebbero arrivare da oltre 1300 km di distanza. Con successivi studi si potrebbero quindi stabilire l’età precisa di questo cratere. Yuqi Qian ha così concluso la sua presentazione:
Tutti i materiali locali ed esotici tra i campioni restituiti da Chang’e-5 possono essere utilizzati per rispondere a una serie di ulteriori domande scientifiche. Nell’affrontare questi studi, approfondiremo la nostra comprensione della storia della Luna e aiuteremo a prepararci per ulteriori esplorazioni lunari.
I vari campioni lunari raccolti da Chang’e 5 sono attualmente in fase di studio da parte di 13 istituzioni cinesi, non solo dalla China University of Geosciences. Un campione è stato anche affidato al Beijing Research Institute of Uranium Geology, per cercare tracce di Elio-3.
Lo studio completo: The Exotic Materials at the Chang’e-5 Landing Site.
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