Il telescopio spaziale Hubble è sicuramente nel mezzo del problema tecnico più grave dell’ultimo decennio. Dal 13 giugno si trova in Safe Mode, una modalità di funzionamento nella quale il telescopio stesso, e quindi tutti gli strumenti scientifici smettono di funzionare se non per le attività minime di comunicazione a Terra e alimentazione. Attualmente, al 9 luglio, la NASA sta ancora cercando di trovare con precisione la causa del problema, ma tutto lascia supporre che non sia minimamente arrivata l’ora di abbandonare Hubble. Nonostante tutto, sono infatti già iniziate le operazioni per attivare l’hardware di backup. Andiamo con ordine, recuperando le varie attività e operazioni che la NASA sta eseguendo per trovare e risolvere il problema di Hubble.
La nascita del problema al payload computer
L’errore al telescopio è stato riscontrato all’interno di un particolare computer di bordo. Si tratta del Payload Computer, un’unità NASA Standard Spacecraft Computer-1 (NSSC-1) progettata negli anni ’80. Questo computer è dotato di un backup, ed entrambi sono situati all’interno dell’unità Science Instrument e Command and Data Handling (SI C&DH). Lo scopo di questo computer è controllare e coordinare i vari strumenti scientifici a bordo del telescopio. In questo modo analizza i vari livelli di salute e di sicurezza di ognuno. Inizialmente si pensava che una delle quattro memorie situate all’interno del computer NSSC-1, la quale si è degradata e non è più funzionante, fosse il problema del malfunzionamento. I primi test hanno però confermato che la memoria in questione non è la causa del problema, ma solo una conseguenza.
A partire dal 20 giugno la NASA ha allora iniziato a rianalizzare tutti i dati ed effettuare nuovi test a terra. L’obbiettivo alla fine dello scorso mese era innanzitutto di trovare con più precisione il problema, ma anche quello di studiare già un modo per attivare il computer NSSC-1 di backup.
Alla ricerca del problema
Il Payload Computer è composto di vari elementi Hardware, i cui principali sono:
- Un Central Processing Module (CPM). Elabora i comandi che coordinano e controllano lo stato dei vari strumenti scientifici.
- Un’interfaccia Standard (STINT). Gestisce le comunicazioni e collega il CPM con le altri parti del computer e altri componenti del telescopio.
- Un modulo di memoria. Esso memorizza i vari comandi per la gestione degli strumenti. Ogni computer è dotato di quattro moduli di memoria, uno funzionante e tre di backup.
Il 23 e 24 giugno sono stati effettuati ulteriori test, i quali hanno per la prima volta comportato un tentativo di accensione del computer di backup. Questi hanno evidenziato evidenti problemi nello scrivere e leggere comandi sulle e dalle memorie per entrambi i computer. In questo modo è stato confermato che esse non possano essere l’origine primaria del problema ma una importante conseguenza. E’ infatti quasi impossibile che tutte e otto le memorie si guastino allo stesso tempo.
In seguito a questi test il prossimo candidato colpevole è stato l’elemento hardware Command Unit/Science Data Formatter (CU/SDF). La CU, nello specifico, formatta e invia i dati nella giusta direzione, inclusi gli strumenti scientifici. L’SDF invece, formatta i vari dati osservativi e scientifici per rispedirli a Terra. In più, è stato testato anche il regolatore di potenza dell’intera Science Instrument e Command and Data Handling (SI C&DH).
Lo stato attuale del problema
Attualmente si stanno ancora testando le componenti Command Unit/Science Data Formatter (CU/SDF) alla ricerca del problema nello specifico, ma la soluzione sembra una sola: passare alle CU/SDF di backup. Questo passaggio è molto più critico che una semplice accensione del payload computer di backup in quanto le CU/SDF sono collegate ad altro hardware del telescopio in modo più articolato.
L’obbiettivo della prima settimana di luglio è stato infatti quello di testare la fattibilità di questa operazione. Nell’ultimo aggiornamento rilasciato dalla NASA ieri, 8 luglio, è stato dichiarato che il test a terra sulle procedure necessarie al passaggio alla CU/SDF di backup ha avuto esito positivo. Ora verranno eseguite alcune altre procedure di revisione e poi, già la prossima settimana, potrebbe avvenire il cambio sul telescopio Hubble.
Trovare il problema con più precisione possibile rimane in ogni caso una priorità alla NASA. Confermata la zona di origine, attivare l’hardware di backup sarà ora particolarmente delicato in quanto le successive operazioni coinvolgeranno l’intero telescopio. Non si tratta più di attivare un computer di backup al posto di un altro. Per questo motivo tutte le operazioni di test, simulazione e contatto con Hubble sono volutamente eseguite con la dovuta calma. Non dobbiamo quindi preoccuparci troppo del fatto che Hubble sia inattivo da ormai quasi un mese.
Non è la fine di Hubble
La cosa particolare di tutta questa operazione, risiede nel fatto che un guasto alla CU/SDF si è già verificato nel 2008. Quell’anno venne eseguito un passaggio all’hardware di backup con successo e poi, nel 2009, con l’ultima missione operativa dello Space Shuttle al telescopio Hubble (STS-131) venne sostituita l’intera Science Instrument e Command and Data Handling (SI C&DH). L’hardware in questione ha quindi “solamente” 13 anni ed è stato pesantemente testato a Terra prima di volare nello spazio. Anche per questo motivo c’è parecchio ottimismo sulla riuscita delle operazioni di ripristino del telescopio.
Paul Hertz, direttore della divisione astrofisica della NASA ha così commentato in un’intervista:
Siamo tutti consapevoli che Hubble sta invecchiando. Le varie componenti nello spazio non falliscono nei tempi previsti, è una cosa casuale. Sono passati 12 anni da quando abbiamo servito Hubble e una componente alla fine si è rotta. Quindi, semplicisticamente, passeremo altri cinque, dieci o dodici anni prima che qualcos’altro si rompa, e probabilmente sarà qualcosa che è ancora ridondante e quindi non sarà nemmeno allora la fine della missione.
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