Numerosi sono i telescopi, sulla Terra o in orbita nello Spazio, che osservano oggetti celesti appartenenti all’infanzia del nostro Universo. Tra questi ci sono i quasar, nuclei di galassie attive molto lontane, che sono alimentati da affamati buchi neri supermassicci. Essi sprigionano un’incredibile quantità di radiazione, risultando luminosissimi anche ad enormi distanze. Quando sono molto vicini fra loro, così tanto che i buchi neri supermassicci interagiscono uno con l’altro, sono noti con il nome di quasar doppi.
Un team internazionale di ricercatori guidati dall’Università dell’Illinois Urbana-Champain ha individuato di recente i due quasar doppi più vecchi mai scoperti finora. Se le stime sono corrette, essi si troverebbero a ben 10 miliardi di anni luce da noi: osservandoli facciamo un tuffo in un passato molto, molto lontano, quasi agli albori del nostro Universo. Inoltre, poiché distano solamente diecimila anni luce, sono i quasar doppi più vicini tra loro mai scoperti, tra quelli così lontani da noi. Questi corpi celesti sono inoltre molto rari. “Si stima che nell’Universo primordiale ci sia un quasar doppio ogni mille quasar. Trovare queste sorgenti è come trovare un ago in un pagliaio” considera Yue Shen dell’Università dell’Illinois, autore principale della ricerca.
Protagonista assoluto della scoperta è l’Hubble Space Telescope della NASA, operativo da ormai trentun’anni. I due quasar doppi che ha scovato si chiamano J0749 + 2255 e J0841 + 4825. I ricercatori sostengono che siano così vicini perché le galassie che li ospitano sono sul punto di fondersi.
I quasar doppi e l’evoluzione delle galassie
La scoperta è di grande importanza per molti motivi. Primo tra tutti, perché i quasar svolgono un ruolo critico nel processo di evoluzione delle loro galassie ospiti. Quando due galassie attive si avvicinano così tanto da deformarsi a causa della reciproca attrazione gravitazionale, l’interazione che ne deriva fa precipitare materiale all’interno dei buchi neri supermassicci nel loro cuore pulsante. Vengono così alimentati dei quasar che diventano enormemente luminosi, generando potenti venti che privano le galassie in fusione della maggior parte del gas, fermando la formazione stellare.
Nadia Zamaska, ricercatrice per l’Università John Jopkins di Baltimora, spiega: “Trovare quasar doppi in un’epoca così lontana permette di testare le teorie su come i buchi neri e le loro galassie ospiti evolvano assieme”.
Siamo proprio sicuri che siano doppi?
Uno dei modi per individuare corpi celesti doppi è osservare l’apparente “tremolio” nella luce che emettono. I quasar, per esempio, sono alimentati da buchi neri supermassicci che divorano il materiale presente attorno a essi. Se il loro pasto è più o meno sostanzioso, la radiazione luminosa emessa dal quasar varierà. Questo sfarfallare, che può avvenire nell’arco di giorni o di mesi, costituisce un segno rivelatore della presenza di due oggetti vicini, piuttosto che di uno da solo!
In realtà c’è una piccola possibilità che Hubble abbia catturato una duplice immagine dello stesso quasar. L’illusione ottica, che genera una specie di doppelganger del corpo celeste, sarebbe causata dall’effetto di lente gravitazionale. Questo fenomeno avviene quando una galassia massiccia nelle vicinanze di un oggetto celeste deforma lo spazio-tempo e devia la luce proveniente dall’oggetto, deformandolo e spesso producendo una duplicazione della sua immagine.
I ricercatori in realtà sono convinti di poter rigettare quest’ipotesi per i quasar J0749 + 2255 e J0841 + 4825. Infatti, nelle loro vicinanze Hubble non ha rivelato alcuna galassia che potrebbe aver riprodotto l’effetto di lente gravitazionale. Questo rassicura che si tratti di due quasar doppi, per un totale di quattro, e non due quasar singoli la cui immagine è sdoppiata.
Il ruolo dello SDSS, di Gaia e dei telescopi Gemini
Scovare i due quasar doppi non è stato facile. Osservare oggetti a una distanza così grande richiede un’altissima risoluzione, che non tutti i telescopi hanno. Inoltre, bisogna sapere in che direzione puntarli: il cielo è pieno di quasar vecchi 10 miliardi di anni, ma pochissimi tra essi sono quasar doppi.
I ricercatori hanno quindi sfruttato più strumenti:
- Lo Sloan Digital Sky Survey (SDSS in breve), progetto che si occupa di produrre una dettagliata cartografia del cielo usando il telescopio dell’osservatorio di Apache Point negli USA. Le sue mappe celesti tridimensionali sono state usate per scegliere un campione di quasar già conosciuti da osservare con Hubble.
- Gaia, osservatorio spaziale dell’ESA che misura con altissima precisione le posizioni, le distanze e i moti di oggetti celesti. Solitamente i suoi dati vengono sfruttati per ricerche riguardanti l’Universo molto vicino a noi, ma Shen e il suo team ne hanno trovato un’altra applicazione. Il database del satellite, infatti, è stato scandagliato insieme a quello dello SDSS per cercare i quasar in cui durante l’osservazione è stato notato uno “tremolio”.
- I telescopi dell’Osservatorio Gemini nelle isole Hawaii. Essi hanno permesso di confermare la scoperta e di studiare in maniera più approfondita uno dei due quasar doppi.
Il JWT come investigatore di quasar
I telescopi del futuro saranno senz’altro di grande importanza per lo studio di corpi celesti antichi e affascinanti come i quasar doppi. Tra questi ricordiamo lo Square Kilometre Array, il radiotelescopio più grande del mondo in costruzione in Africa e Australia. E non possiamo dimenticare il James Webb Space Telescope della NASA, osservatorio spaziale il cui lancio è atteso quest’anno, che potrà sondare le galassie ospiti. Il JWT sarà infatti in grado di rivelare le firme evidenti della fusione tra galassie. Questa capacità renderà il telescopio un vero e proprio investigatore di quasar doppi e buchi neri supermassicci interagenti agli albori del nostro Universo, permettendo a noi di ampliare le nostre conoscenze, e ai numerosi segreti che ci attendono di essere svelati.
Lo studio completo, pubblicato su Nature Astronomy, può essere trovato qui.
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