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| On 3 anni ago

Le prime immagini in luce polarizzata del buco nero al centro di M87

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Non possiamo raggiungere fisicamente i confini di un buco nero. Lì la gravità è troppo forte e ci trascinerebbe direttamente dentro le sue fauci. Potenziando i nostri migliori telescopi, tuttavia, siamo comunque riusciti a compiere il viaggio sino all’orizzonte degli eventi.

Grazie alle osservazioni dell’Event Horizon Telescope (EHT), unione di ben 8 telescopi, il 10 aprile 2019 è stata pubblicata la prima immagine in assoluto di un buco nero. Mostrava la struttura luminosa ad anello e la regione buia centrale del buco nero supermassiccio nel cuore della galassia Messier 87 (M87), conosciuta anche per i suoi potenti getti. Ma questa era solo la prima sorpresa. Con un’analisi più approfondita dei dati, i ricercatori sono stati in grado di riprodurre per la prima volta l’aspetto del gigantesco buco nero in luce polarizzata. La luce si polarizza quando sono presenti dei filtri, o quando viene emessa in regioni calde di spazio dove sono presenti campi magnetici.

“Stiamo ora vedendo la prossima prova cruciale per capire come si comportano i campi magnetici intorno ai buchi neri. E anche come l’attività in questa regione molto compatta dello spazio possa lanciare potenti getti che si estendono ben oltre la galassia” afferma Monika Mościbrodzka. Assistente professore presso l’Università Radboud University nei Paesi Bassi, è coordinatrice del gruppo di lavoro sulla polarimetria di EHT. Sono serviti due anni di lavoro, a causa delle complesse tecniche necessarie per ottenere e analizzare i dati. Alla fine la collaborazione EHT ha scoperto che una frazione significativa della luce intorno al buco nero è polarizzata.

Le immagini polarizzate del buco nero di M87

I telescopi hanno prodotto più immagini in luce polarizzata del buco nero supermassiccio al centro di M87:

  • Una è stata ottenuta con ALMA (Atacama Large Millimeter/submillimeter Array) in Cile, di cui l’ESO è partner. Il radiointerferometro ha catturato una porzione lunga 6000 anni luce del getto di particelle energetiche che fuoriesce dal centro del buco nero.
  • Con il VLBA (Very Long Baseline Array) del National Radio Astronomi Observatory negli USA, si è fotografata una ragione prossima all’orizzonte degli eventi di circa un anno luce.
  • Collegando 8 telescopi sulla Terra è nato l’Event Horizon Telescope, che ha consentito di vedere molto da vicino il buco nero su scale del giorno luce. Così vicino da aver raggiunto la zona in cui vengono lanciati i getti.
Immagine composita che mostra tre vedute della regione centrale della galassia Messier 87 (M87) in luce polarizzata e una veduta in luce visibile presa con il telescopio spaziale Hubble. I valori in GHz si riferiscono alle frequenze della luce alle quali sono state effettuate le osservazioni. Credits: EHT Collaboration; ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), Goddi et al.; NASA, ESA and the Hubble Heritage Team (STScI/AURA); VLBA (NRAO), Kravchenko et al.; J. C. Algaba, I. Martí-Vidal

Le linee indicano l’orientamento della polarizzazione. Essa consente agli astronomi di mappare le linee di campo magnetico e di studiarne l’andamento. I dati di ALMA forniscono qualcosa di mai raggiunto prima d’ora: una descrizione della struttura del campo magnetico lungo il getto relativistico.

Combinando le informazioni di ALMA, che lavora su migliaia di anni luce, e dell’EHT, i cui dati sono in giorni luce, gli astronomi potranno investigare sul ruolo dei campi magnetici attorno al buco nero. E potranno farlo avvicinandosi moltissimo alla borderline oltre la quale tutto scompare.

I campi magnetici sono responsabili dei getti?

Grazie alle foto in luce polarizzata, abbiamo viaggiato fino all’orizzonte degli eventi di questo gigantesco buco nero. Ci troviamo tra le particelle di materia che si trovano nel disco di accrescimento attorno ad esso. Non solo: riusciamo anche a vedere come si distribuiscono le linee dei potenti campi magnetici generati dal disco di materiale, intrecciate a causa della rotazione. A partire da ciò, cosa genera il violento rigetto di una parte delle particelle nello spazio interstellare? Cosa determina chi cade dentro il buco nero e chi viene lanciato via?

Le immagini del buco nero di M87 ottenute con i telescopi dell’EHT potrebbero aiutare gli astronomi a rispondere finalmente a questi quesiti. Perché sono molti i modelli teorici che hanno tentato di trovare una spiegazione ai getti, ma mai ci eravamo spinti così in là. Ora guardiamo una regione appena fuori dal buco nero, dove avviene l’interazione tra la materia che fluisce all’interno e quella che viene espulsa.

ANNUNCIO

Le osservazioni in luce polarizzata forniscono informazioni sulla struttura stessa dei campi magnetici. Jason Dexter, assistente professore presso l’Università del Colorado a Boudler, negli USA, e coordinatore del gruppo di lavoro teorico dell’EHT spiega:

Le osservazioni suggeriscono che i campi magnetici al bordo del buco nero sono abbastanza forti da respingere il gas caldo e aiutarlo a resistere alla forza di gravità. Solo il gas che scivola attraverso il campo può spiraleggiare verso l’interno fino all’orizzonte degli eventi.

Una veduta del getto di M87 in luce polarizzata. L’immagine è stata ottenuta con ALMA e mostra una parte del getto lunga 6000 anni luce. Le linee indicano l’orientamento della polarizzazione e spiegano la struttura del campo magnetico lungo il getto. Credits: ALMA (ESO/NAOJ/NRAO), Goddi et al.

EHT: un telescopio virtuale con le dimensioni della Terra

Per compiere il viaggio fino al cuore di M87 sono stati collegati 8 telescopi in tutto il mondo, tra cui l’ALMA e l’Atacama Pathfinder EXperiment (APEX) di cui l’ESO è partner. Questo ha consentito di ricreare un telescopio virtuale con le dimensioni della Terra, l’Event Horizon Telescope. In questo modo si è ottenuta una risoluzione senza precedenti: equivale a quella necessaria a misurare la lunghezza di una carta di credito sulla superficie della Luna!

Con le sue 66 antenne, ALMA domina la raccolta complessiva del segnale in luce polarizzata del buco nero. I suoi dati sono stati cruciali per visualizzare e interpretare le osservazioni di EHT, imponendo dei vincoli sui modelli teorici che spiegano come si comporta la materia in prossimità dell’orizzonte degli eventi. APEX invece è stato fondamentale per la calibrazione delle immagini.

Le antenne di Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (ALMA), sul Chajnantor Plateau nelle Ande in Cile. Credits: ESO/C. Malin

Arriveremo ancora più in là?

Gli scienziati si aspettano che le future osservazioni con EHT rivelino più accuratamente la struttura del campo magnetico intorno al buco nero. E che riescano a spiegare la fisica del gas caldo in questa particolare regione.

Inoltre, l’EHT sta facendo rapidi progressi, con aggiornamenti tecnologici della rete di telescopi e l’aggiunta di nuovi osservatori. L’evoluzione del progetto potrà permetterci di spingerci sempre più oltre. Se non altro, ora che sappiamo dove e come guardare siamo ancora più motivati a far di tutto pur di migliorarci. Così da preparare tutto il necessario per il prossimo viaggio.

Gli articoli scientifici su cui si basa questa ricerca:

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