Il 18esimo Space Control Squadron è una divisione della Space Force americana che si occupa di gestire il catalogo degli oggetti in orbita. Gestisce inoltre il space surveillance network (SSN) e si occupa di tracciare detriti spaziali. Il 19 marzo proprio lo 18SPCS ha confermato di aver rilevato la rottura in 16 diversi frammenti del satellite americano NOAA 17. Oggi, 23 marzo, è stato invece rilevata la rottura in 21 frammenti del satellite cinese YUNHAI 1-02.
L’esplosione dei due satelliti
Il satellite americano NOAA 17 si è rotto il 10 marzo, dopo 8 anni in orbita come rifiuto spaziale. E’ stato lanciato nel 2002 ed è rimasto attivo fino al 2013 come satellite metereologico gestito dalla National Environmental Satellite Service. Si trovava in orbita polare bassa, una particolare e sopratutto affollata posizione. Il problema della rottura di questo satellite sembra essere più grave del previsto, in quanto dei mezzi simili sono già esplosi in orbita negli anni scorsi.
Nel novembre del 2015 si è rotto il satellite NOAA 15, circa un anno e mezzo dopo che era stato disattivato per un’anomalia critica. Anche DMSP F-13 e DMSP F-12, satelliti meteorologici della Air Force, sono esplosi nel febbraio 2015 e nell’ottobre del 2016 rispettivamente. Tutti questi mezzi erano costruiti da Lockheed Martin sullo stesso bus (la scocca di un satellite). Non è possibile sapere quale sia il motivo della rottura di questi satelliti, data l’impossibilità di mantenere i contatti con gli stessi. Le cause più probabili possono essere il deterioramento delle batterie, o all’impossibilità di depressurizzare i serbatoi nei quali rimane ancora del propellente.
Il satellite YUNHAI 1-02 cinese, anch’esso usato per misurazioni meteorologiche in orbita polare, dovrebbe trovarsi a 760 km x 780 km e si è rotto il 18 marzo. E’ stato lanciato nel 2019, il che lascia supporre che non si sia trattato di un problema di usura. E’ stato costruito dalla Shanghai Academy of Spaceflight Technology (SAST) e avrebbe dovuto osservare gli oceani e aiutare nella prevenzione dei disastri naturali.
Un problema sempre più importante
Secondo l’ESA i rifiuti spaziali prodotti dai satelliti non più in uso di dividono in questo modo:
- Il 39.4% è dovuto alla rottura in orbita per problemi ai sitemi propulsivi.
- Il 6.4% dovuto alla rottura per problemi elettrici.
- Il 5.64% per anomalie strutturali varie, come la rottura di un pannello solare.
- “Solo” il 9.1% è dovuto a collisioni involontarie
- Un 23,7% sono invece le esplosioni volontarie. Questo si verifica quando viene mancato un rientro in atmosfera e il satellite deve per forza essere distrutto (ad esempio per mezzi militari di test).
- Il 14.29% dei detriti è invece dovuti a frammentazioni di satelliti per cause sconosciute.
La rimozione dei satelliti in orbita diventa quindi ogni giorno più urgente. Molti satelliti, sopratutto quelli lanciati negli scorsi decenni, non dispongono di sistemi adeguati per rientrare in orbita, e le procedure di disattivazione hanno evidentemente dei problemi ad essere implementate correttamente. Le linee guida internazionali indicano infatti la necessità di svuotare il serbatoio di un satellite a fine vita, e di disattivare tutte le forme di alimentazione.
Si è però ormai capito, che anche in orbita i satelliti si deteriorano in fretta, rischiando esplosioni sempre più frequenti. Le soluzioni vanno quindi cercate innanzitutto in nuovi sistemi per la rimozione di satelliti, ma anche in nuove tecnologie capaci di deorbitare il prima possibile questi mezzi, e che rendano sempre più sicura la loro costruzione.
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