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| On 4 anni ago

Chang’e 5 esegue il primo docking automatico in orbita lunare

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La missione cinese Chang’e 5 ha superato ieri sera, sabato 5 dicembre, un’altra delle sue fasi critiche, completando con successo il docking fra il modulo di ascesa con i campioni lunari, e il modulo che l’attendeva in orbita. L’operazione di aggancio è un altro record del programma spaziale cinese, dato che rappresenta il primo docking automatico mai eseguito in orbita lunare. 

Le missioni Apollo eseguivano infatti l’aggancio tramite un sistema manuale comandato dagli astronauti. La precedente missione sovietica Luna 24, che riportò sulla Terra dei campioni di rocce lunari senza l’uso di astronauti, eseguì un rientro a Terra in modo diretto con il modulo di risalita.

Un docking che è un altro passo nella storia

L’aggancio automatico fra il modulo di risalita e l’orbiter ha rappresentato una delle maggiori sfide dell’intera missione, per vari motivi. Dato il ritardo dell’informazione dovuto alla distanza Luna-Terra, che è di circa un secondo e alla differenza di massa fra i due oggetti. Il modulo di risalita aveva una massa di circa 400 kg minore di quella del modulo in orbita. Questo complica non poco le operazioni in orbita. Nel seguente video, che unisce riprese dall’orbiter, dal modulo di ascesa e animazioni al computer, è possibile seguire tutta la manovra di attracco, che è a dir poco emozionante.

Peng Jing, deputy chief designer della missione Chang’e-5 alla China Academy of Space Technology (CAST) ha dichiarato che per effettuare l’aggancio serviva un’accuratezza inferiore ai 5 centimetri. Una misura tutto sommato non così piccola, derivante dal particolarissimo sistema di aggancio inventato per questa missione. Sempre nel video poco sopra si può infatti vedere il sistema di “pinze” che agganciano delle maniglie poste sul modulo di ascesa per guidare il docking vero e propio al centro. Appena eseguito l’aggancio fra i due moduli è iniziata anche la parte di trasferimento della capsula con i campioni.

Il rientro a Terra

Il contenitore con le rocce raccolte si trova ora all’interno dell’orbiter che la trasporterà fino all’orbita terrestre dove rilascerà la capsula che eseguirà il rientro in atmosfera. Quest’ultimo sarà molto particolare e richiederà una manovra che la Cina ha dovuto testare con una missione apposita, la Chang’e 5 T1 nel 2014. La capsula prima di entrare in atmosfera eseguirà infatti un rimbalzo sulla stessa, come un sasso piatto lanciato sulla superficie di un lago.

Questo permetterà di rallentare leggermente la velocità prima di eseguire l’entrata vera e propria. Nella prima parte la sonda rallenterà grazie all’attrito dello scudo termico con l’atmosfera, per poi aprire dei paracadute nell’ultima parte.

Uno schema della manovra di “rimbalzo” sulla superficie dell’atmosfera.

Il rientro a Terra è attualmente previsto per il 16 dicembre, ma un orario preciso non è ancora disponibile. Sappiamo però che il sito di rientro è la regione di Siziwang Banner, nella Mongolia interna. 

Per come è stata seguita e condivisa dai media e dalle istituzioni cinesi, questa missione rappresenta un altro passo in avanti per il settore aerospaziale di Pechino. Per la prima volta sono state diffuse molte operazioni quasi in diretta, con anche un commento in inglese su Youtube fornito dalla televisione di Stato. Il momento dell’allunaggio non è stato reso pubblico, e per alcuni minuti dopo l’orario previsto non si sapeva l’esito dell’operazione. La copertura rappresenta comunque un enorme passo avanti rispetto al passato.

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Ne sono un segnale anche i risultati scientifici, che come i campioni di rocce e di regolite lunare, saranno a disposizione della comunità scientifica internazionale.

48 ore sulla Luna

Durante la permanenza sulla Luna la sonda Chang’è 5 ha raccolto alcuni campioni di regolite e di rocce lunari. Dalle foto scattare dal lander si è confermato come il sito di allunaggio fosse particolarmente piatto, data la presenza solamente di alcuni piccoli crateri sparsi. La foto seguente è una panoramica realizzata dal lander, dove in lontananza si può vedere la collina chiamata Louville Omega. 

Panorama da Chang’e 5. Foto modificata da Mattias Malmer.

La grande quantità di massi rocciosi fotografati, e raccolti dal braccio robotico di Chang’e 5 hanno dimostrato che il sito è piuttosto giovane, al contrario di quelli dove arrivarono le missioni Apollo. Questo garantisce una buona differenza fra questi campioni e quelli americani, aumentandone il valore scientifico.

Aver raccolto delle piccole rocce, cosa che non era prevista, permetterà inoltre di eseguire uno studio petrologico e geologico sui campioni. Questo sarà aiutato dalle misure effettuate dal lander. Quest’ultimo era infatti dotato di un radar e di uno spettrografo, per studiare il sottosuolo e dare un contesto geologico più preciso al materiale raccolto. Nel seguente video sono invece rappresentate le prime operazioni di raccolta campioni, eseguite con il braccio robotico che poi li “rovescia” all’interno del contenitore nel modulo di risalita.

I campioni raccolti sono sempre stati indicati come “circa 2kg” con un limite maggiore (non ufficiale) di circa 4 kg. Il lander rimasto sulla Luna non sopravviverà alla notte lunare, non essendo dotato di un sistema di riscaldamento adeguato. Prima che il modulo di ascesa lo lasciasse ha però eseguito un’ultima parte della sua missione.

La bandiera sulla Luna

Poco prima della partenza del modulo di risalita, il lander di Chang’e 5 ha innalzato una bandiera della Repubblica Popolare Cinese. Questa bandiera è stata dichiarata come la prima (della Cina) ad essere innalzata sulla superficie del nostro satellite. Essa è stata costruita in un particolare tessuto che dovrebbe permetterle di sopravvivere alle radiazioni per alcuni decenni.

La bandiera cinese innalzata dal lander di Chang’e 5

Questa bandiera rappresenta un fortissimo segnale simbolico ma è bene sottolineare che non è nulla di più. Non si tratta di una dichiarazione di appropriazione da parte della Cina o di qualsiasi altro segnale ostile. E’ semplicemente un segnale di legittimo festeggiamento per una missione particolarmente complicata che sta portando grandi risultati.

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