In un difficile periodo come quello che stiamo affrontando capita spesso di aver a che fare con dispositivi per rilevare la temperatura corporea. Fino a qualche decina di anni fa questa operazione richiedeva tassativamente l’uso di termometri che entravano in contatto con le mucose del paziente. Poi bisognava attendere almeno qualche minuto prima di avere il risultato.
Oggi invece la procedura è molto più semplice, sicura e veloce grazie all’uso dei termometri ad infrarossi, e per questo dobbiamo ringraziare la NASA, la quale ha aperto la strada alle misurazioni di tutte le lunghezze d’onda delle radiazioni termiche ( da 700 nm a 1 mm ), inclusa quella emessa dal corpo umano.
I termometri che vengono usati ora, sfruttano lo stesso principio utilizzato nei telescopi, in particolare quelli posizionati nello spazio. Con la missione IRAS (Infra Red Astronomical Satellite), la NASA, in collaborazione con l’Agenzia olandese per i programmi aerospaziali e il Consiglio per la ricerca scientifica e tecnica del Regno Unito, portò in orbita il primo satellite contenente un telescopio per studiare lo spazio nelle lunghezze d’onda dell’infrarosso.
Dallo spazio alla Terra
Grazie ai risultati che si ottennero in abito spaziale, si è intuita la potenzialità che dispositivi simili potevano avere in ambito medico, al fine di poter evitare il contatto con i pazienti e quindi limitare la diffusione di potenziali virus. Il principio che accomuna questi dispositivi si fonda su una derivazione quantistica della legge di Stefan-Boltzmann ( E = ε x σ x T^4 ), secondo cui ciascun corpo emette della radiazione elettromagnetica infrarossa a qualsiasi temperatura e, in particolare, la quantità di tale radiazione dipende dalla temperatura alla quale si trova il corpo stesso.
Viene da pensare quindi che per rilevare la temperatura basti misurare la quantità di energia emessa dal corpo, ma non è proprio così. La quasi totalità dei corpi, esclusi i cosiddetti corpi neri e corpi bianchi, non emettono soltanto energia: essi la riflettono e la trasmettono.
La radiazione riflessa e quella trasmessa portano quindi ad una discrepanza tra la temperatura rilevata e la temperatura reale del corpo. Per ovviare a questo problema si tiene conto della cosiddetta emissività ε, parametro che dipende dalla superficie del corpo considerato e dalla sua temperatura. Per quanto riguarda la pelle umana ε vale 0.98. A seconda del modello di termometro, l’emissività può essere già settata nel dispositivo oppure esso dà la possibilità all’utilizzatore di impostarla manualmente a seconda del tipo di materiale da analizzare.
Nel primo caso, i termometri vengono impostati ad un valore di 0.95 siccome è il valore più adatto per la maggior parte di superfici organiche. Con essi però non è corretto misurare superfici trasparenti o riflettenti, o meglio, lo si può fare ma avendo l’accortezza di ricoprirle, per quanto possibile, con del materiale opaco, anche se questo procedimento non porta ad una misura precisa.
Dalla teoria alla pratica
Per quanto detto in precedenza, un altro fattore da tenere in considerazione sono le variabili che si inseriscono tra lo strumento e il corpo da analizzare. Per esempio, anche solo piccole particelle di polvere generano una loro radiazione elettromagnetica che porta ad un risultato diverso da quello reale.
Oltre agli aspetti legati all’emissività, il termometro ad infrarossi per valutare la temperatura di un corpo tiene conto anche della temperatura ambientale a cui l’oggetto in esame, e il termometro stesso, si trovano. E’ importante assicurarsi che essi abbiano raggiunto la stessa temperatura ambientale prima di effettuare la misurazione. L’uso dei termometri ad infrarossi richiede quindi la misurazione in condizioni ottimali per avere una rilevazione più precisa possibile.
Con le accortezze viste precedentemente si può ottenere l’obiettivo desiderato. Si pensi che la NASA con questa tecnologia è riuscita a fare nuove scoperte come comete e ad osservare il buco nero al centro della nostra galassia, possiamo quindi anche noi giungere ad un risultato quantomeno soddisfacente per distinguere una persona sana da una malata, anche solo basandoci sulla differenza di temperatura tra un individuo sano e uno febbricitante, che corrisponde a 1.5-2 °C.
Continua a seguire Astrospace.it sul canale Telegram, sulla pagina Facebook e sul profilo Instagram. Non perderti nessuno dei nostri articoli e aggiornamenti sul settore aerospaziale e dell’esplorazione dello spazio.