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| On 4 anni ago

Scoperto un esopianeta gigante sopravvissuto alla morte della sua stella

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Per la prima volta è stato scoperto un esopianeta gigante sopravvissuto alla morte della sua stella. Gli astronomi hanno utilizzato l’osservatorio Gemini e i dati del telescopio spaziale TESS e del precedente Spitzer, per scoprire questo enorme esopianeta. Il pianeta ha circa la stessa massa di Giove, e orbita attorno ad una nana bianca, chiamata WD 1856 + 534 in sole 34 ore.

“Stavamo usando il telescopio TESS per cercare detriti in transito intorno alle nane bianche e per cercare di capire come avviene il processo di distruzione planetaria”, spiega Andrew Vanderburg, assistente professore presso l’Università del Wisconsin-Madison. “Non ci aspettavamo necessariamente di trovare un pianeta che sembrava essere ancora intatto”.

La nana bianca è solamente un residue di quella che era in origine la stella. Questo è anche il destino del nostro Sole, che al termine della sua “vita” diventerà una nana bianca. WD 1856 + 534 è grande solamente il 40% più della Terra, e questo contribuisce alla stranezza di questo sistema, in cui il pianeta è sette volte più grande della stella attorno alla quale orbita. 

L’importanza della scoperta

Quando una stella simile al nostro Sole esaurisce il suo carburante, si gonfia sempre di più, arrivando a raggiungere centinaia di volte le sue dimensioni originarie. In questa situazione si è trasformata in una gigante rossa, più fredda e molto più grande. Durante questa fase la stella ingloba o distrugge la maggior parte dei corpi che le orbitano attorno e questo sarebbe dovuto succedere anche all’esopianeta appena scoperto.

Una volta diventata una gigante rossa, la stella inizia ad espellere i suoi strati esterni, dai quali rimane solo il nucleo più denso: la nana bianca. Gli astronomi hanno stimato che l’esopianeta WD 1856 b avrebbe dovuto formarsi circa 50 volte più lontano di dove si trova ora per sopravvivere alla fase di gigante rossa. Non è tutto. Anche se si fosse trovato a grande distanza, da tempo gli astronomi hanno stimato che asteroidi e pianeti esterni difficilmente sopravvivono alla morte della loro stella. La conclusione più usuale è quella che vengano distrutti dalle forze di marea e che diventino dei dischi di detriti in orbita attorno alla nana bianca.

Nel video un’animazione del gigante gassoso in orbita attorno alla sua nana bianca. Credits: NASA/JPL-Caltech/NASA’s Goddard Space Flight Center.

Più teorie che dati

Per giustificare la sopravvivenza di WD 1856 b, sono state ipotizzate molte teorie. Fra queste c’è il coinvolgimento delle altre due stelle del sistema triplo di cui fa parte la nana bianca. Oppure il passaggio di una stella solitaria che ha perturbato l’orbita del pianeta, salvandolo dalla distruzione. L’ipotesi più probabile è però che ci siano stati altri giganti gassosi, con orbite più vicine alla stella originaria, che sono in qualche modo stati coinvolti nel salvare WD 1856 b e spingerlo poi verso la nana bianca.

“L’influenza gravitazionale di oggetti così grandi potrebbe facilmente consentire l’instabilità di cui avresti bisogno per spingere un pianeta verso l’interno. Ma a questo punto, abbiamo ancora più teorie che dati.” Queste le parole di Juliette Becker, ricercatrice in scienze planetaria al Caltech di Pasadena e coautrice dello studio.

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L’osservatorio Gemini in Cile con cui sono stati confermati i dati di TESS e Spitzer. Credits: International Gemini Observatory/NOIRLab/NSF/AURA/M. Paredes

Lo studio dell’esopianeta ha comportato non poche difficoltà. La nana bianca attorno a cui orbita questo gigante è molto vecchia (circa 10 miliardi di anni) e molto fioca. Studiare la modifica della sua luminosità dovuta alle perturbazioni gravitazionali del gigante gassoso è quindi stato estremamente difficile. Grazie ai molti telescopi utilizzati si è però arrivati alla conclusione che il pianeta abbia una massa 14 volte quella di Giove, nonostante abbia una dimensione simile. Questa è una peculiarità curiosa, che aggiunge interesse alla storia di questo sistema.

Lo studio completo: A giant planet candidate transiting a white dwarf.

Il ruolo del James Webb Space Telescope

Nelle stesso giorno in cui è uscito lo studio sull’esopianeta gigante WD 1856 b, su Astrophysical Journal, i ricercatori della Cornwell University hanno pubblicato uno studio riguardo le capacità del nuovo JWST. Secondo questa ricerca, le nane bianche sarebbero un obiettivo di studio perfetto per il nuovo telescopio. Basterebbero due giorni di osservazioni col JWST per studiare un esopianeta roccioso attorno ad una nana bianca e scoprire eventuali gas come ozono e metano. Questi gas sono particolari segnali dell’eventuale presenza di organismi sul pianeta.

Lista dei vari telescopi spaziali che studiano e osservano esopianeti. Telescopi passati, presenti e futuri. Credits: Astrospace.it

Lo scopo di questa ricerca è capire fin da subito le capacità del nuovo telescopio, in modo da sapere con precisione dove puntarlo, per non sprecare nemmeno un secondo della sua vita operativa. La ricerca su WD 1856 b, è importante perchè per la prima volta dimostra che un pianeta può sopravvivere attorno ad una nana bianca. Certo, in questo caso stiamo parlando di un gigante gassoso con condizioni impossibili per la vita, ma è sicuramente un passo avanti non trascurabile.

“Ora sappiamo che i pianeti giganti possono esistere intorno alle nane bianche e le prove che mostrano materiale roccioso che inquina la luce delle nane bianche risalgono a oltre 100 anni fa. Ci sono certamente piccole rocce nei sistemi di nane bianche “, ha detto Ryan MacDonald autore dello studio sul JWST. “È un salto logico immaginare un pianeta roccioso come la Terra in orbita attorno a una nana bianca.” Se TESS riuscirà a scoprire un pianeta roccioso attorno ad una nana bianca, sappiamo già che basterebbero poche osservazioni al JWST per studiarlo a fondo.

Lo studio completo: The White Dwarf Opportunity: Robust Detections of Molecules in Earth-like Exoplanet Atmospheres with the James Webb Space Telescope.

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