Con il lancio di Perseverance la NASA non desidera “solamente” mandare un veicolo sulla superficie di Marte, ma vuole compiere il primo passo di una missione strategica e importante per i prossimi studi del pianeta rosso. Questa impresa, nota come Mars Sample Return (MSR) definisce un insieme di missioni il cui fine è riportare per la prima volta campioni del suolo marziano sulla Terra.
L’architettura dietro a questo importante obbiettivo, è probabilmente lo sforzo di ricerca spaziale più importate dai tempi del programma Apollo. In questo articolo verrà esposto dettagliatamente come la NASA e l’ESA intendono attuare questo piano, e sopratutto lo stato attuale di ricerca e sviluppo dello stesso.
Un’idea non così originale
L’idea di una MSR non è affatto nuova, i primissimi studi di fattibilità NASA sono datati 1984 e svolti dal JPL. L’unione sovietica programmò una missione simile (Mars 5NM) che però fu cancellata nel 1975 a seguito dei costosi e ripetuti fallimenti del lanciatore N1. Stessa sorte toccò a Mars 5M, una missione simile alla precedente, che fu cancellata nel 1979 per problemi tecnici e di complessità.
Negli Stati Uniti, dal primo studio precedentemente citato ci sono stati vari tentativi, tutti vanificati dalle varie cancellazioni, ma anche da una generale sfiducia legata alla difficoltà di esplorare Marte. In questo senso negli anni novanta solo 1 delle 4 missioni lanciate verso Marte dalla NASA ebbe successo. Nel corso degli anni non sono comunque mancate le proposte. Ad esempio, uno studio del 2003 suggeriva di utilizzare lo shuttle per il recupero dei campioni in orbita terrestre.
Una prima collaborazione tra NASA ed ESA iniziò nel 2009, con il programma ExoMars che avrebbe dovuto essere il primo programma MSR. Tuttavia a causa di tagli nel budget NASA, il rover progettato per ExoMars, MAX-C, fu cancellato nel 2011. Di conseguenza la collaborazione ESA-NASA si interruppe bruscamente nel 2012.
Nonostante i tagli del 2012 l’idea di un MSR non è mai tramontata tanto che è ritornata alla luce dopo essere stata inserita come obbiettivo prioritario nel Planetary Science Decadal Survey. Questo è un documento decennale in cui sono specificate le priorità scientifiche su cui la NASA basa il proprio operato.
Nel 2018, tramite una lettera di intenti, NASA ed ESA collaborano nuovamente per perseguire lo sviluppo di una MSR.
Perseverance, il primo passo di Mars Sample Return
Perseverance è il primo elemento per il recupero di campioni dal suolo marziano. A bordo del rover vi sono ben 43 tubi in cui potranno essere depositati i campioni di terreno e rocce. Questi tubi hanno una dimensione di 60 millimetri in lunghezza, 13 millimetri in diametro, approssimativamente le dimissioni di una penna. Ogni tubo conterrà circa 15 grammi di materiale.
Nel corso della sua missione, il rover raccoglierà dei campioni di rocce tramite una piccola trivella montata sul braccio di 2.1m del rover. Una volta raccolto il campione, verrà depositato su un meccanismo che ruotando porta il tubo nella “pancia” del rover dove verrà conservato. Una volta depositati un certo numero di campioni, il rover li depositerà sul suolo marziano in attesa di essere recuperati da un altro rover noto come “fetch rover” di cui parleremo a breve.
Dall’ultimo meeting del MEPAG (Mars Exploration Program Analysis Group), è emerso che il rover depositerà i campioni in un’area larga circa 40 metri. Inoltre la NASA starebbe valutando di far trasportare a Perseverance alcuni dei campioni fino al sistema di lancio. In questo modo verrà ridotto il lavoro del fetch rover. La seconda fase della missione coinvolgerà infatti un secondo rover.
Un rover europeo
Una volta completa la ricerca dei campioni da parte di Perseverance, entrerà in gioco una seconda missione composta da tre parti: un rover, un lander ed un razzo. Questi elementi saranno lanciati in una sola volta nel 2026 da un razzo americano. Una volta arrivati sulla superficie, dal lander verrà rilasciato un piccolo “fetch rover”. Il compito di questo rover, grande come un tavolino da caffè, sarà il recupero dei campioni che Perseverance ha lasciato nel punto di raccolta.
Il rover in questione sarà sviluppato dall’ESA e dovrà essere molto veloce per gli standard marziani, oltre che autonomo. Dalle parole di Sanjay Vijendran, che lavora al progetto per conto dell’ESA, il rover percorrerà circa 200 metri al giorno e avrà al massimo sei mesi per portare a termine il recupero. La durata limitata è dovuta al fatto che il rover europeo utilizzerà dei pannelli solari, la cui produzione di energia viene drasticamente ridotta durante l’inverno marziano.
Il rover sarà dotato di un braccio robotico, che oltre a recuperare i campioni, servirà a riporli in una capsula grande come un pallone da basket. Questa sarà a sua volta posta in cima ad un piccolo razzo, noto come MAV (Mars Ascent Vehicle) che porterà i campioni in orbita marziana. In totale, il massimo di numero di campioni che il rover europeo potrà caricare sul razzo è 30, che corrisponde ad una massa di circa mezzo chilo.
Molto interessante è la possibile funzione di ridondanza che svolge Perserverance nell’architettura della missione. Infatti in caso di malfunzionamenti del fetch rover, Perseverance, come già accennato poco sopra, potrebbe svolgere lo stesso incarico del rover europeo, assunto che nel 2029 funzioni ancora. Visto il precedente di Curiosity, su cui il nuovo rover americano è basato, resta altamente probabile che per quella data sia ancora attivo.
Un razzo su Marte
Uno degli elementi più importati di tutta la missione è sicuramente il MAV, un vero e proprio razzo che dalla superficie marziana porterà i campioni in un’orbita di circa 300km. In totale, il MAV porterà una capsula di 15kg nell’orbita bassa marziana.
Nel corso degli ultimi cinque anni questo elemento è stato oggetto di importanti studi da parte della NASA, ed oggi è già stato siglato il contratto per il suo sviluppo e produzione.
Grazie ad un intervista fatta a Jim Watzin, direttore del programma di esplorazione di Marte NASA, sono emersi interessanti dettagli sul design del MAV. In particolare è emerso che per questo elemento, l’agenzia americana stia valutando l’utilizzo di un razzo a singolo stadio a motore ibrido.
Questa tipologia di motori, attualmente in fase di sviluppo, utilizza un combustibile solido ed un comburente liquido, sono pertanto definiti ibridi per differenziarli dai più noti motori in cui la miscela usata è totalmente solida o liquida. Nel caso specifico di MSR, si prevedeva di impiegare un combustibile fatto di paraffina. Tuttavia dopo molteplici test si è arrivati alla conclusione di non impiegare questa soluzione. Infatti oltre ad essere una tecnologia molto giovane, il motore ibrido presenta diverse criticità nella fase di riaccensione per il secondo burn.
Il principale motivo dietro all’utilizzo dei motori ibridi era la resistenza alla basse temperature di Marte, resistenza minore nei motori a propellente solido. Tuttavia grazie anche alla scelta del cratere Jezero, il team di ingegneri del Marshall Spaceflight Center ha ritenuto più opportuno l’impiego di MAV a due stadi interamente a propellente solido. Infatti oltre ad avere una mole di dati su questa tipologia di motori, il cratere su cui atterrerà Perseverance presenta un clima la cui temperatura media è più alta che altrove.
Per la costruzione del MAV, la NASA si affiderà alla Northrop Grumman, dalla quale ha ordinato 20 motori, 10 per il primo stadio e 10 per il secondo. Questo numero contiene anche gli esemplari di test e riserva, in attesa del lancio nel 2026. In base ai progetti visti, la massa del veicolo non può superare i 400kg e le dimensioni massime sono 2.8 metri in altezza e 57 centimetri in diametro.
Grazie all’aquisizione della Thiokol, Northrop Grumman possiede anche i dati a sufficienza per questo genere di missione. Più precisamente i dati di un motore che è stato fermo per 15 mesi nel corso della missione Maggellano. Oltre a questo, a detta della NASA l’azienda possieda anche una formula proprietaria perfetta per resistere alla basse temperature.
Se tutto andrà come previsto, il MAV verrà lanciato non prima della metà del 2029 per poi effettuare un rendezvous con un Orbiter.
Da Marte alla Terra
L’ultimo elemento in questa complessa missione è l’orbiter, di fabbricazione europea. Verrà lanciato sempre nel 2026, ma a bordo di un Ariane 6. Il suo compito è effettuare un difficile rendezvous con la capsula contenente i campioni, che poi verranno inseriti in un’altra capsula, di fabbricazione americana, per il rientro in atmosfera terrestre.
Non essendo presente una versione marziana del GPS, l’orbiter dovrà utilizzare una serie di telecamere per poter intercettare il contenitore. Secondo gli ingegneri dell’ESA l’orbiter dovrebbe trovare la capsula dopo alcune ore dal lancio.
Per consentire all’orbiter la giusta manovrabilità e per cambiare orbita su Marte e poi ripartire per la Terra, verrano adoperati dei propulsori ionici. Questa soluzione deriva dall’esperienza europea già maturata su Bepi Colombo attualmente in viaggio verso Mercurio. Airbus Defense and Space ha annunciato nella giornata odierna di essere il principale costruttore dell’orbiter, insieme a Thales Alenia Space.
Per quanto riguarda il costo della missione, l’ESA ha dichiarato che il suo contributo sarà di circa 1.5 miliardi di euro nei prossimi 10 anni. La NASA invece impiegherà dai 2.5 ai 3 miliardi di dollari nello stesso periodo di tempo.
Completate le operazioni in orbita marziana, i campioni saranno trasferiti nell’involucro per il rientro atmosferico sulla Terra. Per questa missione non verrà usato alcun paracadute o motore per rallentare la capsula nella discesa terrestre. Infatti per prevenire la contaminazione dei campioni e/o della terra, la capsula e progetta per resistere ad impatti molto violenti.
L’arrivo sulla terra è previsto per il 2031 nel deserto dello Utah.