Per quanto ne sappiamo, attualmente abbiamo un solo esempio, su un solo pianeta, dello sviluppo della vita: la Terra. Negli ultimi anni in particolare, si stanno però scoprendo sempre più esopianeti, cioè pianeti in orbita attorno ad altre stelle. La grande distanza a cui sono osservati, non ci permette però uno studio approfondito. Della maggioranza di questi corpi possiamo arrivare a conoscere solo la distanza dalla loro stella, la massa e la dimensione, e di conseguenza la densità.
Attraverso questi parametri è possibile ragionare sulla possibilità che tali esopianeti possano avere le condizioni adatte ad ospitare la vita. Se per esempio sono troppo lontani o troppo vicini alla loro stella non riceveranno abbastanza luce. La distanza è per solo uno dei tanti fattori che garantiscono o meno la sopravvivenza della vita.
Un’altro parametro importante è la presenza di acqua liquida sopra o sotto la superficie. Stando ad un nuovo modello pubblicato da Lynnae Quick del Goddard Space Flight Center della NASA, esopianeti con oceani liquidi potrebbero essere molto più comuni del previsto. Come si è arrivati a questa conclusione?
All’interno del sistema solare il luogo attualmente più adatto ad ospitare la vita (oltre alla Terra) è il sottosuolo dei grandi satelliti di Giove e Saturno. Sia Encelado che Europa, hanno ad esempio degli oceani ghiacciati sotto la loro superficie. Quick e suo gruppo di ricerca si sono allora chiesti se pianeti simili a queste Lune fossero o no comuni fra gli esopianeti attualmente scoperti.
Lune ghiacciate e senza atmosfera come riferimento
Sia Europa che Encelado espellono dalla loro superficie pennacchi di acqua e vapore, quindi possiamo dire che questi corpi hanno oceani sotterranei sotto la loro superficie di ghiaccio, e hanno energia a disposizione per generare questi pennacchi. Questi sono due requisiti necessari alla formazione di vita per come la conosciamo. Quindi se stiamo pensando a questi luoghi come possibilmente abitabili, forse anche le versioni più grandi di essi in altri sistemi planetari sono abitabili.
Lynnae Quick
Il modello costruito da Quick e il suo gruppo afferma che più di un quarto dei 53 esopianeti che hanno studiato potrebbe contenere degli oceani sotto la superficie. Inoltre molti di questi potrebbero rilasciare molta più energia di Europa ed Encelado.
I 53 esopianeti sono stai scelti fra quelli con masse e dimensioni simili a quelle della Terra: da 0.086 masse terresti a 8 masse terrestri e da 0.54 raggi terrestri (grandezza come quella di Marte) a 2 volte il raggio della Terra. Fra questi sono stati individuati quelli in grado di generare sufficiente energia per mantenere un oceano liquido sopra e/o sotto la superficie. Ma da dove arriva questo calore? Il team di Quick ha considerato due particolari fonti.
Due fonti principali per avere il calore necessario
La prima è calore radiogenico cioè quello che viene generato nel giro di miliardi di anni dal lento decadimento dei materiali radioattivi nel mantello e nella crosta di un pianeta. Il tasso di decadimento dipende dall’età di un pianeta e dalla massa del suo mantello. Altri scienziati avevano già determinato queste relazioni per pianeti delle dimensioni della Terra. Quick e il suo team hanno applicato il tasso di decadimento alla loro lista di 53 pianeti, supponendo che ognuno abbia la stessa età della sua stella e che il suo mantello occupi la stessa proporzione del volume del pianeta del mantello terrestre.
La seconda fonte è nelle forza di marea. Queste sono l’energia generata dal trascinamento gravitazionale di un pianeta attorno ad un corpo più grande. I pianeti in orbite molto ellittiche spostano la distanza tra loro e le loro stelle mentre durante la loro orbita. Ciò porta a cambiamenti nella forza gravitazionale tra i due oggetti e provoca l’allungamento del pianeta, generando così calore.
Una via di uscita per il calore così generato è attraverso vulcani o attività tettonica. Qualunque sia il modo in cui il calore viene scaricato, sapere quanto ne viene rilasciato da un pianeta è importante perché potrebbe creare o distruggere l’abitabilità.
Ad esempio, troppa attività vulcanica può trasformare un mondo vivibile in un inferno di roccia fusa. Ma un’attività troppo scarsa può bloccare il rilascio di gas che crea un’atmosfera, lasciando una superficie fredda e sterile. La giusta quantità può generare un pianeta vivibile e umido come la Terra o una luna eventualmente vivibile come Europa.
Le conclusioni
Il modello di Quick non è basato su osservazioni dirette ma solo su l’ipotesi di trovare mondi simili alle Lune ghiacciate di Saturno e Giove. A partire da queste ipotesi e dai dati attualmente a disposizione sui 53 esopianeti è stato creato il modello. Effettuare questo tipo di analisi e modelli è particolarmente importante per guidare le future osservazioni dirette. Attualmente non ci sono gli strumenti per osservare attività vulcaniche su esopianeti lontani ma ad esempio il futuro James Webb Space Telescope potrebbe avvicinarsi a questo scopo.
La ricerca di vita al di fuori del nostro sistema solare si è fin’adesso concentrata nel trovare un pianeta con un atmosfera in grado di cambiare la chimica sulla superficie, esattamente come la Terra. Oceani sotterranei come quelli di Encelado ed Europa, lune senza atmosfera, potrebbero però essere una valida alternativa su dove trovare la vita anche al di fuori del nostro sistema solare.