News
| On 5 anni ago

Scoperto il primo esopianeta studiando il campo magnetico di una stella

Share

Studiando IO, una luna di Giove, gli astronomi hanno imparato un nuovo metodo per trovare un nuovo esopianeta. Durante la sua orbita attorno al gigante gassoso, IO attira il campo magnetico del pianeta provocando dei Flare, delle aurore, che noi possiamo osservare. Studiando questo fenomeno e differenziandolo da quelli prodotti da Giove stesso, potremmo sapere della presenza di IO anche senza osservarlo. Queste aurore si verificano con la stessa frequenza di rotazione della Luna, dandoci anche altri indizi sulla caratteristica dell’orbita di IO.

Gli astronomi hanno da tempo ipotizzato di utilizzare questa tecnica per studiare anche altre stelle. In uno studio pubblicato su Nature Astronomy il 17 Febbraio, per la prima volta si è dichiarato di aver scoperto un esopianeta con questo metodo. La scoperta è stata ottenuta estrapolando dei dati dalle osservazioni di LOFAR. Questo è un array di 20 000 antenne radio sparse per tutta l’Europa che possono agire come un unico specchio di 1500 km di diametro. LOFAR osserva il cielo da circa un decennio e da poco ha raccolto abbastanza dati perché se ne possano estrapolare dei risultati.

L’autore principale di questo studio è Harish Vedantham del Netherlands Institute for Radio Astronomy. Vedanthan e il suo team hanno preso tutte le rilevazioni radio di LOFAR e le hanno sovrapposte ad una mappa della via lattea prodotta dal telescopio spaziale GAIA. In questo modo hanno individuato le sorgenti radio che erano stelle, eliminando galassie e altri sorgenti.

In questo modo hanno trovato la stella GJ 1151, una nana rossa debole, ma con un’emissione molto longeva. Le nane rosse sono stelle piccole, scure ed estremamente comuni (costituiscono circa il 70% delle stelle della via lattea) e solitamente sono molto attive magneticamente. Molte ruotano sul proprio asse molto rapidamente, anche in poche ore. Per questo non è raro osservare e misurare emissioni da una nana rossa.

GJ 1151 è però relativamente tranquilla, la “brillantezza” osservata da Vedantham è durata circa 8 ore, un bagliore troppo lungo per provenire dalla stella stessa. E’ stata osservata però un’altra proprietà interessante e inaspettata. La luce prodotta dai flare della stella sembrava creata da elettroni in movimento circolare. Questo è un comportamento non previsto per dei flare che si originano dalla stella stessa. Ciò avrebbe senso se essi fossero invece prodotti da particelle cariche provenienti da un pianeta che attraversano il campo magnetico della nana rossa. Proprio come avviene con le particelle emesse dall’attività vulcanica di IO che creano questi flare su Giove.

Con tutti questi indizi gli astronomi hanno dedotto che la stella avrebbe dovuto avere un pianeta nella sua orbita delle stesse dimensioni della Terra. “Penso che questo gruppo abbia fatto un ottimo lavoro nel trovare, attraverso un processo di eliminazione, il miglior scenario possibile che potesse spiegare quello che vedevano: un esopianeta in orbita” ha detto Gregg Hallinan, un astronomo del California Institute of Technology che è non fa parte della ricerca.

Le particelle cariche delle lune di Giove scorrono lungo le linee del campo magnetico del pianeta, innescando aurore ai suoi poli. Fonte.

Un nuovo esopianeta da confermare

Evgenya Shkolnik, un’astrofisica che studia le interazioni stella-pianeta alla Arizona State University non è del tutto convinta. Sottolinea che non ci sono abbastanza studi sulle nane rosse a basse frequenze. La scienziata ha affermato che: “In realtà non sappiamo cosa stanno facendo le stelle a queste frequenze, su questa scala di tempi”.

Se continuando a studiare GJ1151 si trovassero altri tre o quattro flare che si verificano in modo regolare, si avrebbe la conferma di un pianeta in orbita con la frequenza di questi flare. Oppure si potrebbero usare gli altri metodi finora abituali per la caccia agli esopianeti applicandoli a questa stella. Il metodo della velocità radiale per esempio, studia la piccola variazione di posizione della stella prodotta da un esopianeta nella sua orbita. Questo però funziona meglio per giganti gassosi. Il metodo di transito studia invece la variazione nella luminosità prodotta da un pianeta che passa davanti alla sua stella. Questo però prevede che il piano orbitale del pianeta sia allineato al nostro punto di vista. Alcune stime affermano che solo l’1% dei pianeti sia così orientati.

In uno studio correlato lo stesso Vedantham e colleghi affermano di non aver visto nessun pianeta in orbita a GJ 1151 con il metodo della velocità radiale usato con un telescopio nelle Isole Canarie. Come detto prima questo metodo è efficace solo per pianeti di grandi dimensioni però.

I limiti degli altri metodi per scoprire e studiare esopianeti mostrano perché un metodo del tutto nuovo potrebbe essere una grande svolta. Inoltre i pianeti rocciosi sono molto più comuni nelle nane rosse rispetto ai giganti gassosi. Questo suggerisce che lo studio dei dati di LOFAR potrebbe dare ancora altri risultati.

Vedantham ha stimato che LOFAR troverà altre centinaia di pianeti. Inoltre è imminente l’apertura dello Square Kilometer Array, un progetto mostruoso di migliaia di radiotelescopi sparsi su due continenti che sarà in grado di sondare frequenze ancora più basse.

Fonte.